Twist d’Aula – Si ferma il Nord, imprenditori isolati

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di Massimo Pittarello

ROMA (Public Policy) – Milano va benone, dice la prestigiosa agenzia immobiliare Cushman & Wakefield, visto che i prezzi delle case in città e in particolare in via Montenapoleone sono i più cari al mondo. Milano va male, dice la Banca d’Italia, e con essa la Lombardia, il cui pil non traina più ma si allinea allo zero virgola della Penisola (+0,4% nell’anno in corso). Chi ha ragione? Dipende se si guarda a servizi e turismo, che vanno bene spingendo affitti e prezzi al dettaglio (+19,5% la spesa dei turisti) o a tutto il resto, visto che calano produzione industriale (-1,2%), export (-0,3%), ristagnano consumi (+0,3% nonostante l’aumento dei prezzi) e occupazione (la disoccupazione è bassa ma diminuiscono le ore lavorate e cresce la cassa integrazione). Insomma, mentre brillano le vetrine di via Montenapoleone e i commercianti non possono lamentarsi, la famosa locomotiva d’Italia sembra fermarsi. La cartina di tornasole di una città che è passata da essere “capitale industriale” a diventare “capitale dei servizi”. E a divorziare dal suo territorio.

A ben guardare lo scontento appare diffondersi nel tessuto imprenditoriale di tutto il Settentrione. Per avere un quadro basta mettere in fila qualche elemento. I dati Istat non mostrano solo una scoraggiante persistenza di alti tassi di povertà assoluta, ma registrano preoccupanti peggioramenti per quanto riguarda le regioni settentrionali. Il Rapporto Caritas del 10 novembre conferma questo trend, con molte famiglie delle classi medie e medio basse che non riescono ad arrivare a fine mese e spesso fanno silenzioso ricorso alla Caritas. Un malessere che ha a monte una preoccupante frenata del pil, soprattutto dal lato industriale. Oltre alla frenata della filiera dell’automotive, tanto per dirne una, la produzione industriale italiana è in calo generale da 20 mesi. E questo erode il potere d’acquisto di salari e stipendi, sia degli operai ma anche dei tanti che oggi sono “costretti” a lavorare nel terziario (nel turismo in particolare). Tanto che oggi i nuovi poveri sono anche e soprattutto tra gli occupati, non più solo tra disoccupati e precari. Mentre a valle c’è la fuga dei talenti all’estero. Un esodo di “cervelli” che riguarda tutta l’Italia, ma con primatista il Nord con la metà del totale dei ragazzi italiani che se ne vanno. Tra l’altro, in un trend in progressiva crescita, visto che la quota di emigranti laureati è passata dal 17,4% del 2001 al 43,1% del 2022. Segno che fuggono oltreconfine i più attrezzati.

Questo malessere economico ha anche il suo corollario politico. L’Ipsos rileva che l’Esecutivo perde consenso al Nord Est – laddove nel 2022 Meloni veniva acclamata nelle varie provinciali di Confindustria – oltre che tra dirigenti e autonomi. Categorie presso le quali il tasso di popolarità del governo è calato dal 62% del novembre 2022 al 42,5% del settembre 2024: -18,5 punti in due anni scarsi. E in effetti la classe degli imprenditori, che nel Settentrione ha la sua platea più ampia e le sue radici, non è soddisfatta della politica industriale (ammesso ce ne sia una) e di quella energetica, della manovra, ma nemmeno di singole misure come Transizione 5.0. Per non parlare dell’idea di inserire un membro del Mef nei board di imprese che incassano incentivi sopra i 100mila euro. Un quadro che la crisi tedesca, che si ripercuote sull’indotto del Nord Est, e i possibili dazi di Trump, che colpirebbero molte delle imprese esportatrici che hanno sede nel Settentrione, non possono che aggravare.

Il Nord si è fermato. E una certa categoria di imprenditori si sente isolata. Il dialogo con il governo procede fluido per alcuni comparti (dai tassisti agli esercenti, dall’agroalimentare al turismo), mentre va decisamente a singhiozzo per la manifattura, per le esportatrici, le filiere innovative. Ci sono problemi di mancati investimenti, di assenza di strategia, di competizione internazionale agguerrita. Ora, è vero che negli ultimi anni molto spesso le imprese hanno puntato più al taglio dei costi che innovazione e valore aggiunto, e che hanno un problema dimensionale – nodi emersi con forza dopo la pandemia – ma è anche vero che di tutto questo a Roma non si parla. E forse si sa anche molto poco. E non basta andare a Milano avere un quadro della situazione. (Public Policy)

@m_pitta