LEGGE ELETTORALE, RENZI RINUNCIA AL MAGGIORITARIO E ADOTTA LA BOZZA VIOLANTE

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LEGGE ELETTORALE, RENZI RINUNCIA AL MAGGIORITARIO E ADOTTA LA BOZZA VIOLANTE

(Public Policy) – Roma, 15 ott – Una legge proporzionale con un robusto sbarramento nazionale e un forte premio di governabilità attribuito in un ballottaggio tra le due alleanze più votate al primo turno. È il progetto di riforma elettorale a cui stanno lavorando il sindaco di Firenze (e candidato alla segreteria nazionale del Pd) Matteo Renzi e i parlamentari a lui vicini e che verrà resa pubblica nella prima metà di novembre.

La direzione di marcia guarda al testo messo a punto da Luciano Violante e Roberto D’Alimonte nel Comitato dei saggi per le riforme istituzionali: “Il doppio turno di lista o coalizione”, che accompagna la proposta del “governo parlamentare del primo ministro”, regime a metà strada tra il cancellierato tedesco e il premierato spagnolo su cui l’organo consultivo ha trovato il punto di mediazione.

L’ABBANDONO DEL MODELLO FRANCESE
Alla logica dell’accordo politico più vasto attorno al nuovo meccanismo di voto appare improntato il lavoro delle donne e degli uomini legati a Renzi. Il quale a lungo si era limitato a invocare l’adozione del modello in vigore nelle grandi città. Non entrando nel merito, ovvero rifiutando di spiegare se volesse far scegliere i parlamentari con il metodo maggioritario uninominale a due turni con ballottaggio, come avviene per i primi cittadini, o con regole proporzionali e preferenze in liste di partito come previsto per i consiglieri comunali. Adesso il nodo è sciolto.

Già nell’intervista rilasciata il 6 ottobre alla Stampa l’aspirante leader del Pd aveva promesso di “ripartire dalla bozza Violante”. A quanto Public Policy ha potuto apprendere dall’entourage del sindaco di Firenze, il confronto tra fautori del doppio turno di collegio maggioritario e del doppio turno di lista con premio di governabilità è stato acceso e approfondito.

Molti esponenti democrat appoggiavano con convinzione il meccanismo francese al punto di firmare e presentare alla Camera nel luglio 2012 un progetto di legge per l’introduzione del regime semi-presidenziale imperniato sulla legge elettorale d’Oltralpe. Ma ad alcuni di loro e soprattutto a Renzi la proposta non è apparsa realistica poiché non troverebbe sponda nelle altre formazioni politiche, tutte ostili (tranne Sel e singoli rappresentanti del centrodestra) a un meccanismo di voto maggioritario di collegio. Altrettanto velleitarie sono state giudicate le iniziative volte a ripristinare il Mattarellum, metodo prevalentemente uninominale se pur annacquato e minato da una rilevante quota proporzionale. Così è stato proprio il primo cittadino di Firenze a far prevalere il “modello dei sindaci”.

LA TRADUZIONE NAZIONALE DEL MODELLO DEI SINDACI
È dunque il trasferimento sul piano nazionale delle regole in vigore nelle città con più di 15mila abitanti che verrà individuato per mettere in pratica i principi a cui Renzi e i parlamentari a lui legati non vogliono rinunciare: cittadini sovrani nella scelta dei parlamentari e delle maggioranze di governo, salvaguardia del bipolarismo e dell’alternanza, argine contro la frammentazione partitica. La versione del “modello dei sindaci” a cui si lavora prevede un voto proporzionale a ogni formazione, che può allearsi con altri gruppi per appoggiare un candidato premier con un programma condiviso. Nell’eventualità che nessuna coalizione raggiunga il 40 o il 50 per cento dei consensi viene celebrato un turno di ballottaggio tra le due coalizioni più forti con in palio il premio di governabilità pari al 55 per cento dei seggi.

La legittimazione de facto e indiretta del capo del governo trascina con sé la maggioranza, conferendo forza specifica al premier verso i ministri e nei casi di crisi politica. Pur accettando l’istituto tedesco della “sfiducia costruttiva” messo a punto dal Comitato dei saggi, i parlamentari vicini a Renzi vogliono bilanciarla assegnando al presidente del Consiglio il potere di chiedere e provocare un’accelerazione dello scioglimento anticipato della legislatura in caso di dimissioni. Mutuata dal modello vigente in Germania è poi la soglia di sbarramento nazionale al 5 per cento valida per tutte le forze in campo. Mentre per la scelta dei parlamentari le possibili opzioni, tuttora aperte, restano la preferenza o le liste bloccate brevi, entrambe in circoscrizioni ridotte.

LO SCETTICISMO VERSO IL MECCANISMO SPAGNOLO
Liste bloccate corte in distretti provinciali e mancanza di recupero dei resti sono un pilastro del modello elettorale spagnolo, proporzionale con elevata capacità di manipolazione e con effetti tendenzialmente bipartitici. È una delle ipotesi attorno a cui ruota il dibattito in commissione Affari costituzionali al Senato, la sede incaricata di redigere una norma di salvaguardia al posto della legge Calderoli.

Tuttavia le regole in vigore a Madrid non persuadono i parlamentari vicini a Renzi, i quali temono che una sua ‘traduzione’ nella realtà politica italiana finisca per rinviare alle Camere, dopo il voto, la formazione dei governi. (Public Policy)

EDP