Doveva essere uno dei fiori all’occhiello del governo Monti, eppure l’Agenda digitale, istituita il primo marzo 2012 e “attuata” col decreto Sviluppo bis di fine 2012, rischia, in diverse sue parti, di rimanere solo sulla carta, o quanto meno di essere rimandata a data da definirsi. Sono 32 infatti, secondo un calcolo di Confindustria digitale, i decreti attuativi e le circolari ministeriali ancora in stallo per quanto riguarda le norme dell’Agenda digitale contenute nel dl crescita 2.0. Alcuni sono già scaduti il 19 dicembre, altri il 18 gennaio. Questo significa che le norme a cui fanno riferimento slittano a data da definirsi, e forse, considerato che a breve ci saranno le elezioni, a mai.
Per Agenda digitale si intende tutta una serie di misure varate dallo scorso governo, volte a digitalizzare la pubblica amministrazione e a snellire il rapporto tra cittadini e Pa. Si va dalle start-upall’anagrafe digitale nazionale, dal fascicolo sanitario elettronico alla cartella clinica e alleprescrizione digitali, fino all’unificazione tra carta d’identità e tessera sanitaria. I 32 decreti in bilico sono un numero notevole se si pensa che nei cassetti dei ministeri giacciono in tutto più di300 decreti attuativi ancora in stand-by, riguardanti norme contenute nelle riforme del governo Monti, dal Salva Italia (dicembre 2011) in poi. Una “pigrizia” che ha portato addirittura pochi giorni fa il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, a inviare una lettera a ogni singolo ministero interessato per sollecitare l’approvazione dei vari decreti. Dal governo comunque rassicurano dicendo che in media l’80% delle norme di ogni legge è auto-attuativa, dunque in vigore dal varo della legge stessa. Per il 20%, però, l’effettiva entrata in vigore passa per i decreti attuativi.
Per quanto riguarda l’iter di quelli che riguardano l’Agenda digitale, avere notizie dai vari ministeri è cosa ardua. Ne sanno pochissimo anche due che, in Parlamento, se ne sono occupati. Antonio Palmieri, Pdl, autore alla Camera di un testo unico sull’Agenda, insieme a Paolo Gentiloni del Pd; e Deborah Bergamini (Pdl), che del testo Palmieri-Gentiloni è stata relatrice. Il primo auspica che “li facciano tutti”, ma poi confessa di non sapere “quali e quanti ne manchino”, pensa a “un’interrogazione parlamentare” e suggerisce: “Bisogna pressare Passera, solo lui lo sa”. Anche Bergamini non è aggiornata: “Entro il 19 dicembre una parte dei decreti doveva essere attuata, ma non ne sono certa. Non so che fine abbiano fatto. Di fatto siamo fermi, ma non ho più avuto rapporti con il Governo dopo la fine della legislatura. Se ci sono motivi politici dietro ai ritardi? Per quanto riguarda il Parlamento no: il lavoro è stato solidale e partecipativo. L’Agenda è una priorità per il nostro Paese”. E da parte ministeriale? “Non so”, taglia corto la deputata Pdl.
Per il presidente di Confindustria digitale, Stefano Parisi, il ritardo nell’attuazione è dovuto anche a “una certa resistenza da parte degli apparati della pubblica amministrazione”. Sottolinea che “a livello nazionale si contano 1.033 Centri di elaborazione dati (Ced) italiani, di cui solo il 20% sono interoperabili. L’anagrafe digitale unificata deve ancora essere implementata e bisogna spingere tutti gli 8mila Comuni italiani ad andare in questa direzione. Per far dialogare la Pa al suo interno e con i cittadini in modo efficiente non basta la tecnologia, ma occorre che il nuovo governo acquisisca e trasmetta una visione politica alta e nazionale del processo di digitalizzazione, assunto come un grande progetto per cambiare il Paese, a cui tutti devono partecipare e fare la propria parte”.