Almasri: un caso internazionale, politico e surreale

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – La scarcerazione del capo della polizia giudiziaria libica e del famigerato carcere di Mitiga, a Tripoli, Osama Elmasry Njeem, noto anche come Osama Almasri Njeem, è diventata un caso internazionale. Non è ancora chiaro che cosa ci facesse a Torino, dove Almasri – accusato dalla Corte Penale Internazionale di, fra le altre cose, torture e violenza sessuale – era stato tratto in arresto, ma è chiaro che la sua liberazione è avvenuta per un mancato intervento del Governo italiano. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio non ha risposto alla Procura generale presso la Corte d’Appello di Roma, che aveva rilevato un’anomalia nell’incarcerazione di Almasri. La polizia infatti di sua iniziativa non avrebbe potuto arrestare l’uomo accusato di essere un torturatore ma soltanto dopo l’autorizzazione del ministro della Giustizia, al quale si sarebbero dovuti rivolgere i magistrati della Corte Penale Internazionale. Almasri nel frattempo è già tornato a Tripoli, con un volo di stato italiano, dove è stato festeggiato come un eroe, a bordo di un aereo a disposizione dei servizi di sicurezza.

“Se un cittadino qualsiasi avesse aiutato una persona a sottrarsi all’arresto ordinato da un giudice mettendole a disposizione non un jet ma una semplice bicicletta sarebbe stata immediatamente incriminata per favoreggiamento ai sensi dell’art. 378 c.p.”, dice a Public Policy il filosofo del diritto Emilio Santoro. Secondo il nostro codice penale, “chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce l’ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’Autorità, o a sottrarsi alle ricerche di questa, è punito con la reclusione fino a quattro anni”.

Il caso è anche politico. In seguito alle interlocuzioni avvenute tra il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, la presidenza del Senato, la presidenza della Camera e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, si è concordato che nel corso della prossima settimana il titolare del Viminale farà un’informativa parlamentare sulla liberazione del comandante libico. Ma per le opposizioni non è sufficiente: “Ad Atreju la premier Meloni aveva detto che sarebbe andata avanti con i centri in Albania per dare la caccia in tutto l’orbe terraqueo ai trafficanti di esseri umani”, ha detto il senatore e leader Iv Matteo Renzi in aula al Senato, nelle dichiarazioni di voto sulle risoluzioni dopo  la relazione del ministro della Giustizia Carlo Nordio sull’amministrazione della giustizia. “È capitato sul tavolo uno di questi trafficanti che la Cpi ci dice che è un pericoloso criminale e voi non gli  date la caccia, anzi lo portate a casa con un aereo dei Servizi.  Sono solo io a dire che siete ammattiti? Possibile che nessuno si alza e dice che non va?”.

Meloni”, ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein, “dichiarava guerra a trafficanti di esseri umani in tutto il globo terracqueo, ne avevano arrestato uno e lo hanno riaccompagnato a  casa. Una vicenda molto opaca”. E a tratti surreale, come nota il Garante delle persone private della libertà della Regione Lazio Stefano Anastasia: “Nella relazione al Parlamento sull’Amministrazione della giustizia, il ministro Nordio ha detto che, ‘per quanto riguarda la riduzione del cosiddetto sovraffollamento carcerario, sono esclusi i provvedimenti di amnistia o di scarcerazione lineare che manifesterebbero una debolezza da parte dello Stato. … L’amnistia sarebbe un incentivo alla recidiva, come ci dimostra la stessa esperienza giurisdizionale’. Ora, prendendo per buono il luogo comune (contestabile scientificamente) secondo cui i provvedimenti di clemenza incentivano la recidiva, è più grave rischiare la recidiva di reati punibili con pene non superiori a due anni, come sarebbe nel caso del provvedimento di amnistia-indulto necessario al decongestionamento delle istituzioni penitenziarie italiane o mandare libero un uomo accusato di crimini contro l’umanità dalla Corte penale internazionale?”. (Public Policy)

@davidallegranti

(nella foto: il centro di detenzione di Tajoura, bombardato nel 2019 – Emanuele Satolli / Public Policy)