Biden si ritira: ora i dem avrebbero bisogno di primarie (ma non c’è tempo)

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di David Allegranti 

ROMA (Public Policy) – Joe Biden si è ritirato dalla corsa per la rielezione a presidente degli Stati Uniti. Una scelta meditata a lungo, arrivata nel fine settimana, a poche ore dall’incontro con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Una scelta giunta settimane dopo il terribile confronto televisivo con Donald Trump del 27 giugno e i successivi inciampi pubblici. Non c’era modo, per Biden – che resta un lottatore formidabile – di resistere, oltre a Trump, all’assalto di un pezzo degli stessi Democratici (tra questi l’ex speaker Nancy Pelosi), donatori compresi (finora Biden aveva raccolto 96 milioni di dollari), che spingevano per un cambio di candidato. Biden si è arreso ieri, domenica, a 107 giorni dalle elezioni di novembre, con una lettera pubblicata su X nella quale ha spiegato – non senza polemica – che “anche se è stata mia intenzione cercare la rielezione, credo sia nel miglior interesse del mio partito e del Paese farmi da parte e concentrarmi sui miei doveri da presidente per il resto del mio mandato”.

I Democratici devono dunque trovare un sostituto in tempo per la convention del 19 agosto. Troppo tardi per avere una vera competizione alle primarie, come sarebbe stato utile per il partito che vuole sfidare Trump, uno che, tutto sommato, le sue primarie contro i campioni del Partito Repubblicano se le è fatte. Nate Silver, statistico e giornalista, ha calcolato nel suo modello che Biden aveva il 27 per cento di chance di vincere il Collegio Elettorale degli Stati Uniti ma, secondo lui, in realtà, sarebbero state anche meno – forse dal 10 a l5 per cento – se fosse rimasto in gara. Dunque, i Democratici e Biden, spiega Silver, prendono la decisione più razionale in ritardo; il presidente degli Stati Uniti si sarebbe dovuto ritirare mesi fa, lasciando spazio e tempo al suo partito di organizzare una solida successione. Senz’altro più solida di quella che dovrà fare adesso, probabilmente indicando come candidata presidente la vicepresidente Kamala Harris, che comunque potrebbe avere più possibilità di vincere rispetto a Biden.

Anche la soluzione delle mini-primarie potrebbe non essere risolutiva. “Ma quello che i democratici si meritavano era una vera e propria elezione primaria”, osserva Silver: “Harris potrebbe dimostrarsi una candidata migliore di quella che era nel 2020? Forse, ma le primarie sarebbero state un buon banco di prova. Una candidata come Gretchen Whitmer (governatrice del Michigan; Ndr) sarebbe stata così brava in campagna elettorale come sembrava essere sulla carta? Avremmo potuto vedere anche questo. Il valore delle primarie risiede nelle varie opzioni che offrono e nelle informazioni aggiuntive che rivelano, poiché una campagna primaria è una simulazione ragionevolmente buona di un’elezione generale”. Harris è la prima vicepresidente donna degli Stati Uniti e potrebbe essere la prima presidente donna. Cresciuta a Berkley, in California, è stata tirata su da una madre single che era immigrata dall’India all’età di 19 anni. È stata la prima donna a diventare procuratore generale della California ed è stata eletta in Senato nel 2016, dove aveva attirato l’attenzione per le sue puntuali domande al giudice Brett Kavanaugh durante la controversa audizione per la sua conferma a giudice della Corte Suprema americana.

Ma, come ha ricordato il Wall Street Journal, Harris durante le primarie per le elezioni del 2020 faticò a definire “un messaggio per la campagna elettorale” e abbandonò la corsa anzitempo, nel 2019. Secondo il New York Times, la macchina elettorale di Biden ha fatto dei sondaggi su Harris nelle ultime settimane per capire quanto potrebbe essere solida la sua candidatura. I problemi d’altronde non mancano. Biden le aveva affidato il delicato dossier dell’immigrazione, argomento scottante per gli americani. Secondo un’analisi dell’istituto di ricerca Gallup ad aprile “il 27% degli americani afferma che il problema più importante che gli Stati Uniti devono affrontare è l’immigrazione”. Ad aprile era già il terzo mese di fila con un dato così alto, il periodo più lungo in 24 anni per questo tipo di rilevazione. Un problema più sentito dell’economia, più sentito dell’inflazione. Un problema che peserà molto nei prossimi 100 e passa giorni prima delle elezioni presidenziali di novembre. (Public Policy)

@davidallegranti