Conoscere per deliberare: fallacie statistiche e dibattito pubblico

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di Pietro Monsurrò

ROMA (Public Policy) – L’epidemia di Covid ha consentito di osservare come molti italiani si rapportino alla statistica, e ha confermato che l’italiano medio consideri i numeri dei geroglifici incomprensibili. Dal più semplice al più complesso, in questo articolo si descrivono quattro errori argomentativi frequenti nel dibattito sull’epidemia: nessuno richiede competenze di medicina, e tutti riguardano problemi col ragionamento statistico.

Problema #1: attenzione al denominatore! Se un milione di non vaccinati ha cento morti per Covid, e dieci milioni di vaccinati ne hanno altrettanti, non è vero che “metà dei morti è vaccinata, quindi i vaccini non funzionano”: il numero di morti tra i vaccinati corrisponde ad una popolazione dieci volte maggiore, quindi il rischio di morire se vaccinati è un decimo. Se tutti si vaccinassero, del resto, addirittura il 100% dei morti sarebbe vaccinata. Incredibile che sia necessario ribadire questa banalità, vero?

Problema #2: attenzione al campione! Se dieci milioni di non vaccinati hanno cento morti e un’età media di quarant’anni, e dieci milioni di vaccinati hanno cento morti e un’età media di sessant’anni, non è vero che “la mortalità tra vaccinati è uguale a quella dei non vaccinati, quindi i vaccini non funzionano”, perché la popolazione vaccinata ha venti anni più della popolazione non vaccinata. Se il rischio di morire di Covid a sessant’anni è dieci volte maggiore che a quaranta, che il numero di morti sia uguale nei due gruppi significa che i vaccini riducono i rischi di dieci volte: un vaccinato di sessant’anni è al sicuro come un non vaccinato di quaranta.

Problema #3: attenzione ai tamponi! Se tampono principalmente chi ha sintomi, scoprirò molti infetti con sintomi, ma non osserverò molti infetti senza sintomi. Inoltre, tamponando i sintomatici avrò una maggiore probabilità di trovare persone con Covid rispetto alla popolazione generale. Questo ha una miriade di conseguenze: il tasso di positività sui tamponati sarà maggiore che nella popolazione, perché i tamponi sono mirati alla sottopopolazione sintomatica; le probabilità di decesso e ospedalizzazione saranno stimate per eccesso perché molti infetti asintomatici non verranno contati nel rapporto tra decessi e infezioni; e dato che un vaccinato è più probabile che sia asintomatico rispetto a un non vaccinato, il numero di casi tra vaccinati sarà sottostimato, mentre il tasso di mortalità dei vaccinati rispetto ai non vaccinati sarà sovrastimato. Non c’è una soluzione facile per trovare i “numeri giusti”, ma bisogna perlomeno sapere che i numeri calcolati senza tener conto di questi fattori sono sistematicamente errati, alcuni per eccesso e altri per difetto.

Problema #4: attenzione ai guariti! Da diversi mesi il rischio relativo dei non vaccinati, per ogni fascia di età, rispetto a quello dei vaccinati, sta diminuendo, ma ciò non implica una riduzione col tempo dell’efficacia dei vaccini. Supponiamo che i guariti e i vaccinati abbiano lo stesso rischio di morte, e che sia dieci volte inferiore a quello dei non vaccinati alla prima infezione. Ne consegue che, se un non vaccinato prende il Covid e guarisce, se riprenderà il Covid in futuro correrà gli stessi rischi di un vaccinato. Quindi a parità di condizioni in una popolazione composta soltanto di non vaccinati senza pregressa infezione e vaccinati, il secondo gruppo avrà una mortalità dieci volte inferiore; ma col tempo i non vaccinati senza pregressa infezione diminuiranno, e al limite avremo soltanto vaccinati e non vaccinati guariti, quindi il rischio relativo tenderà a 1 (sotto questa ipotesi). Se i vaccini perdessero efficacia, osserveremmo nel tempo un aumento della mortalità tra i vaccinati di oggi e i vaccinati di qualche mese fa. Ma se a diminuire è la mortalità dei non vaccinati, è più probabile che sia perché i non vaccinati guariti sono di più. Ci sono troppi parametri da considerare per creare un modello “facile”, ma il ragionamento è chiaro: l’efficacia vaccinale va calcolata rispetto ai non vaccinati senza pregressa infezione, e man mano che i guariti aumentano, la stima dell’efficacia vaccinale tende a scendere, ma non per aumento della mortalità tra i vaccinati (che infatti è rimasta bassa).

Anche il campione da cui ho desunto le caratteristiche degli italiani è inaffidabile: non è detto che ciò che accade sui social sia rappresentativo di ciò che accade nella vita reale. Dunque il primo paragrafo di questo articolo si basa su un errore statistico: bisogna stare attenti a tutto! A parte questa voluta contraddizione performativa, è purtroppo inverosimile che i dibattiti sui social siano diversi da quelli nei talk show, sui giornali, o nei bar dello sport. L’Italia ha bisogno di un corso intensivo di statistica elementare. (Public Policy)

@pietrom79