Dal Friuli-Venezia Giulia alla Campania: i destini diversi di due presidenti

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Gli elettori del Friuli Venezia Giulia stanno votando per scegliere il nuovo presidente della Regione. A giocarsela sono quattro candidati. Il presidente uscente Massimiliano Fedriga, leghista, sostenuto dalla coalizione di destra-centro; Massimo Moretuzzo, capogruppo del “Patto per l’autonomia”, profilo movimentista-autonomista, consigliere regionale uscente, sostenuto fra gli altri da Pd e 5 stelle; Alessandro Maran, candidato del Terzo polo; e Giorgia Tripoli, appoggiata dai No vax.

Cinque anni fa, nel 2018, Fedriga vinse le elezioni con il 57 per cento, battendo Sergio Bolzonello – sostenuto anche dal Pd – fermo al 26,84 per cento e Alessandro Fraleoni Morgera, candidato del M5s, che non superò l’11,67 per cento. I presidenti di Regione in Fvg durano poco. Appena un mandato. Riccardo Illy, il primo scelto con l’elezione diretta, governò dal 2003 al 2008, poi vinse Renzo Tondo, che però nel 2013 fu sconfitto da Debora Serracchiani, la quale non si ripresentò la volta successiva. Il caso Fedriga è però diverso. Il presidente uscente non sembra aver problemi di concorrenza, il candidato più competitivo è al massimo Moretuzzo, al fianco del quale nei giorni scorsi è arrivata anche la neo-segretaria del Pd Elly Schlein (per lei queste sono le prime elezioni regionali, insieme a Udine, dove si vota per le amministrative).

La questione più importante semmai riguarda i rapporti di forza interni al destra-centro. Cinque anni fa la Lega prese 147 mila voti, pari al 34,87 per cento, Forza Italia 51.234 voti, pari al 12,11 per cento e Fratelli d’Italia appena il 5,47 per cento (23.128 voti). Già alle elezioni politiche di settembre 2022 però le cose sono parecchio cambiate. Fratelli d’Italia ha preso il 31,3 per cento (185.234 voti), il triplo dei voti della Lega, ferma al 10,9 per cento con 64.806 voti. È qui che si gioca la partita di Fedriga: riuscirà a fermare l’emorragia leghista, proprio lui che insieme a Luca Zaia, collega del Veneto, rappresenta per ora il volto migliore e più in salute del leghismo? Difficile pensare che anche alle elezioni regionali i voti non si siano già spostati da Lega a Fratelli d’Italia, come avviene dappertutto. Come avvenuto per esempio alle recenti elezioni regionali in Lombardia, dove Fratelli d’Italia si è affermato come primo partito al 25,2 per cento, contro il 16,5 per cento della Lega, mettendo ulteriormente nei guai Matteo Salvini, che come Silvio Berlusconi ha perso parecchio consenso in casa propria.

INTANTO IN CAMPANIA

È arrivato il primo vero atto politico della segreteria Schlein (al di là della nomina dei capigruppo di Camera e Senato, che però sono stati votati dall’assemblea dei parlamentari): il commissariamento di Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania. La neo segretaria ha commissariato il Pd campano (inviando il bergamasco Antonio Misiani) e il Pd di Caserta (spedendo l’ex segretaria della Cgil Susanna Camusso, oggi senatrice) a seguito, in quest’ultimo caso, dice una nota del partito, “della mancata approvazione dell’anagrafe degli iscritti e delle iscritte della Federazione di Caserta e delle dimissioni del Presidente della Commissione Regionale per il Congresso della Campania Franco Roberti”.

Schlein insomma colpisce il Pd campano per educare il presidente De Luca, che vorrebbe candidarsi per un terzo mandato, anche se la strada è lunga visto che si è votato nel 2020. “Non voglio più vedere situazioni opache, pacchetti di tessere e capibastone o persone che si sentono padroni dei circoli, bisogna essere coerenti con quello che si dice”, ha detto Schlein nel fine settimana, ospite del festival del quotidiano Domani a Modena. “Avrebbe un costo molto maggiore non essere conseguente alla promessa di trasparenza e rispetto delle regole. Ho nominato Camusso a Caserta e Misiani in Campania, due persone molto autorevoli che stimo e che ringrazio, dovranno fare un lavoro per rientrare pienamente nel rispetto delle regole del nostro partito. Non voglio, però,  che dia l’impressione che abbiamo un problema generalizzato: da segretaria non permetterei comunque a nessuno di gettare fango sullo straordinario esercizio di democrazia del 26 febbraio. È proprio per rispetto a questi iscritti ed elettori che in Campania abbiamo fatto questa scelta”.

Il no al terzo mandato di De Luca – che è sgradito anche ad Andrea Orlando e a Peppe Provenzano – rientra in questo schema. Il che non significa che il presidente della Regione Campania si consegnerà facilmente ai vincitori delle primarie. “Il destino della Campania si decide in Campania, non da altre parti. Né a Roma, né alle Nazioni Unite. Mancano tre anni per le Regionali, ma qualcuno un po’ agitato ha vissuto qualche effervescenza fuori tempo”, ha detto De Luca. Il riferimento, neanche troppo volato, è a Roberto Fico, ex presidente della Camera, possibile candidato di Pd e 5 stelle alle elezioni regionali del 2025. (Public Policy)

@davidallegranti