Dalla Manovra alla l.elettorale: gli incroci sono molti, la via stretta

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Le elezioni regionali appena concluse con un pareggio (3-3) galvanizzano l’opposizione e costringono la maggioranza al rilancio, mentre sta per arrivare dicembre, mese complicato per via della Manovra da approvare in Parlamento. Gli incroci sono molti e la via è stretta.

C’è il referendum sulla separazione delle carriere dei magistrati da preparare per la primavera del 2026, con comitati del SI e comitati del NO pronti a sfidarsi a colpi di testimonial eccellenti. C’è il desiderio, da parte della maggioranza e di un pezzo dell’opposizione (il M5s è favorevole alla modifica), di cambiare la legge elettorale. E poi c’è da capire come affrontare il prossimo anno e mezzo di campagna elettorale in vista delle Politiche.

Problemi non mancano da entrambe le parti. Il centrosinistra è molto esaltato per via delle vittorie in Puglia e in Campania, risultati prevedibili e ampiamente previsti. Il Pd esce da questa tornata elettorale con un presidente di Regione in meno. Prima aveva Vincenzo De Luca, ora ha Roberto Fico. Un atto di generosità del partito di Elly Schlein che con la logica testardamente unitaria cede candidati agli alleati. Schlein tuttavia rivendica la linea testardamente unitaria, dice che “siamo in partita, vogliamo vincere, siamo pronti ad andare al governo nel 2027 vincendo le Politiche”.

Giuseppe Conte con tutta la calma del mondo ha detto, parlando con Repubblica, che prima di avviare la coalizione di centrosinistra vera per affrontare le elezioni politiche c’è da studiare: “Se deve essere un processo serio non può che durare alcuni mesi. Non si può risolvere tutto in una kermesse di partito con qualche esperto invitato a parlare”. Il tavolo finale di coalizione dunque “potrebbe partire dopo l’estate”. Ma ci saranno delle primarie o no? “Alla fine del confronto con le altre forze politiche, valuteremo le modalità con cui scegliere chi sarà il frontman o la frontwoman più adatto a rappresentare questo progetto”, ha precisato Conte, che insomma prende tempo. Nel frattempo però si smarca facilmente dal Pd sul fisco (con il no alla patrimoniale), la politica estera (il no al presunto “furore bellicista”), la sicurezza (“C’è un’emergenza sicurezza nelle  nostre strade, nelle nostre città, nelle nostre periferie. Lo  vogliamo riconoscere?”).

Il tema della leadership è tuttavia esiziale a sinistra. Ed è esattamente un tema che non riguarda il destra-centro. Almeno a livello nazionale. Giorgia Meloni è incrollabile nei sondaggi ma sconta la mancanza di leadership sui territori. Gli Edmondo Cirielli e i Luigi Lobuono, candidati in Campania e in Puglia, pur dignitosissimi, non valgono le prestazioni della presidente del Consiglio, principale elemento di stabilizzazione della coalizione di destra-centro, vero collante e garanzia di unità. Non solo: nell’esercizio quotidiano, Meloni ha saputo garantire una leadership costante e solida. Nessun altro, a destra, è in grado di replicare questo modello. Non Antonio Tajani, non Matteo Salvini, che al massimo possono competere per il secondo o terzo posto. Alle elezioni regionali votano poche persone, le elezioni politiche sono un’altra cosa. Esiste il voto d’opinione e quello converge su Meloni, almeno per ora.

Insomma, nonostante il pareggio alle Regionali c’è chi ne approfitta per dare a Meloni una sorta di avviso di sfratto. Lo ha fatto in questi giorni Matteo Renzi, leader di Italia viva, che sembra però prepararsi alla trattativa sulla legge elettorale: “Sono mesi che ci ripetono un ritornello stanco: Giorgia Meloni non ha rivali, è invincibile, non ha alternative. I risultati di Campania e Puglia, dopo la Toscana, dicono invece che l’alternativa c’è, da Casa Riformista fino alla sinistra. E questa alternativa, quando è unita, vince”. Da qui la previsione che Meloni proverà a cambiare la legge elettorale, “perché con questa legge elettorale lei a Palazzo Chigi non ci rimette più piede”.

Il capogruppo del M5s alla Camera Riccardo Ricciardi è però favorevole, all’interno di un ragionamento articolato. Per la scelta del candidato presidente del centrosinistra, ha detto a La7, “il tema dirimente è la legge elettorale. È conseguente alla legge elettorale, perché se si deve indicare sul simbolo il nome del candidato premier è chiaro che questo tema va affrontato e capiremo il metodo. Però è conseguente alla legge elettorale che verrà, secondo me, inesorabilmente cambiata… Noi siamo sempre stati contrari (all’attuale legge elettorale ndr), ma se uno ha consenso uno fa la legge elettorale che vuole”. Alla domanda su quale legge elettorale preferisce il M5s, Ricciardi ha replicato: “Siamo per cambiarla, siamo per un proporzionale”. Come da sempre. Il tutto poco testardamente unitario, vien da dire. (Public Policy)

@davidallegranti