Cittadinanza, in Gazzetta le nuove regole per gli oriundi

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ROMA (Public Policy) – Mentre nuove proposte in materia di cittadinanza sono arrivate proprio la scorsa settimana dalla Lega e dai rappresentanti parlamentari del Movimento associativo italiani all’estero, è stato pubblicato questa settimana in Gazzetta ufficiale un nuovo decreto ministeriale finalizzato a dare attuazione ad alcune delle misure previste dal dl Cittadinanza, il discusso provvedimento licenziato con urgenza dal Cdm nel marzo scorso (promosso dal titolare degli Esteri, Antonio Tajani), poi convertito con modifiche a maggio.

Il testo – si ricorda – aveva introdotto diversi cambiamenti (e restringimenti) in materia di cittadinanza iure sanguinis, allo scopo di alleggerire anche il peso della giustizia civile (impegnata peraltro in una complessa tabella di marcia per il rispetto delle scadenze del Pnrr, oggetto di un nuovo provvedimento licenziato con urgenza in estate).

Tra le modifiche apportate durante l’iter al Senato, tuttavia, era rientrato anche un nuovo articolo 1 bis, recante “Disposizioni per favorire il recupero delle radici italiane degli oriundi e il conseguente acquisto della cittadinanza italiana”.

Si interveniva con la modifica sul Testo unico dell’immigrazione, aprendo all’ingresso e al soggiorno per lavoro subordinato fuori quota “allo straniero residente all’estero, discendente di cittadino italiano e in possesso della cittadinanza di uno Stato di destinazione di rilevanti flussi di emigrazione italiana”. Si prevedeva poi che questi Stati fossero individuati con decreto del ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, di concerto con i ministri dell’Interno e del Lavoro e delle Politiche sociali”. E il provvedimento, datato 17 novembre, è stato pubblicato in Gu.

Il Maeci, si legge, ha ritenuto di individuare gli Stati “sulla base della consistenza attuale delle collettività italiane residenti”, selezionando quelli in cui, al 31 dicembre dello scorso anno, risiedevano più di 100 mila italiani iscritti all’Aire.

Ok, dunque, agli ingressi fuori quota per gli oriundi discendenti da cittadini italiani provenienti da Argentina (dove gli italiani iscritti all’Aire risultano essere 989.901), Brasile (682.300), Stati Uniti (241.056), Australia (166.848), Canada (148.251), Venezuela (116.396) e Uruguay (115.658). No, invece, agli altri Paesi oggetto di richiesta da parte del Consiglio generale degli italiani all’estero: Sudafrica, Messico, Perù e Cile.

Anche in considerazione del carattere innovativo della misura, si legge nel decreto, l’estensione ad altri Paesi è rinviata “a successivi eventuali provvedimenti”. Dopo due anni di residenza in Italia, gli oriundi entrati con permesso di soggiorno per lavoro potranno ottenere la cittadinanza.

Si ricorda, intanto, che contestualmente al licenziamento del dl, il Cdm aveva approvato anche un disegno di legge di riordino della materia, già trasmesso al Senato e assegnato alla Affari costituzionali, ma ancora da incardinare dallo scorso aprile.

Se da un lato Forza Italia, in occasione della conversione del dl, aveva auspicato l’apertura del “cantiere per la riforma della cittadinanza”, la Lega, anche con la sua pdl depositata alla Camera, ha recentemente ribadito la propria posizione di chiusura, “e questo nonostante alcuni nostri alleati puntino a renderla più facile”. La Lega stessa, in fase di conversione del dl, aveva d’altronde portato avanti una battaglia per la soppressione del requisito di nascita in Italia di un genitore (in effetti poi soppresso) e aveva criticato alcune novità introdotte dal testo, intravedendo, nei riferimenti ai nuovi requisiti di residenza, criteri nuovi, in futuro orientabili verso lo ius soli, rispetto alle regole dello ius sanguinis vero e proprio. (Public Policy) MAR