Desiderio mimetico. I balneari e la democrazia della rendita

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di Carmelo Palma

ROMA (Public Policy) – Le prossime settimane ci diranno se l’ottimismo del Governo circa la definitiva soluzione del “problema balneari” sarà confermato dai fatti e se le norme contenute nel nuovo decreto di proroga delle attuali concessioni fino all’autunno 2027 troveranno concorde, come parrebbe, la Commissione europea, soddisfatta che l’Esecutivo italiano abbia infine ceduto sulla messa a gara delle concessioni al termine del triennio, sia pure con una serie di misure – vantaggi per gli attuali titolari nelle procedure di assegnazione, indennizzi per i concessionari uscenti a carico dei subentranti – storicamente avversate da Bruxelles.

In punto di diritto non è neppure detto che l’accordo politico della Commissione, senza modifiche della normativa europea, ponga il nuovo quadro normativo nazionale al riparo dei contenziosi che potrebbero nuovamente aprirsi e su cui difficilmente le giurisdizioni nazionali ed europee potrebbero smentire le decisioni finora assunte, a partire da quelle più recenti, come le sentenze del Consiglio di Stato 4479, 4480 e 4481 del 20 maggio 2024 sull’impossibilità di derogare alla procedura competitiva per l’assegnazione delle concessioni oltre il 31 dicembre 2024.

Ciò detto, l’intero “problema balneari” e il modo con cui la politica italiana ha scelto di trattarlo da anni – cioè rinviando un inevitabile redde rationem – è particolarmente significativo perché non esprime semplicemente un modello di tutela di un interesse di categoria, ma, più profondamente, un modello di funzionamento del sistema democratico nazionale e di selezione del cosiddetto interesse generale.

Gli stabilimenti balneari in Italia sono circa 7000. I canoni incassati dai Comuni (circa 100 milioni l’anno) ammontano all’1-2% dei ricavi dei concessionari per le sole attività di parcheggio e noleggio delle attrezzature (lettini, sdraio, ombrelloni…). Come ha evidenziato emblematicamente uno studio dell’Osservatorio dei conti pubblici del dicembre scorso, tutti i Comuni italiani in un anno incassano per le concessioni turistico-ricreative poco più di quanto il Comune di Milano incassa per l’affitto dei negozi della sola Galleria Vittorio Emanuele. Sono pochissimi gli italiani che non conoscono questa situazione e non lamentano l’esosità dei servizi offerti da concessionari che pagano canoni annui di poche migliaia di euro. Eppure la strenua protezione di questa rendita, operata in modo diverso da destra e da sinistra, non ha mai sollevato le rivolte che altri sprechi o privilegi hanno suscitato, ad esempio contro “la Casta”.

Perché gli elettori si rivoltano contro la casta dei politici o dei burocrati pubblici e non contro quella dei balneari e dei taxisti? Perché una classe politica che persevera nel difendere le più smaccate iniquità può rivendicare di farlo per un autentico senso di giustizia, malgrado la generalità dei cittadini italiani ne riceva un danno e non un beneficio?

Secondo la teoria del desiderio mimetico di René Girard, nessuno desidera qualcosa per una scelta libera e consapevole o per una virtù intrinseca della cosa desiderata: desidera piuttosto essere come chi già la possiede e trae da questo possesso grandezza e prestigio. Per dirla in modo molto sintetico, non si desidera avere qualcosa, ma essere come qualcuno. Se Girard arriva al meccanismo del desiderio mimetico attraverso l’analisi dei romanzi, un qualunque osservatore della realtà italiana potrebbe giungervi attraverso l’analisi dei processi politici, notando come gli elettori italiani in media invidino, ma non disprezzino affatto le rendite, anche quelle più smaccate, e non avvertano alcuna rivalità con i rentier, se sperano di potercisi aggregare, sulla base del medesimo o di un diverso interesse.

Secondo questo principio, mentre gli anticipi pensionistici scavavano voragini irrisarcibili nelle fondamenta del nostro sistema previdenziale, non solo i pensionandi, ma anche i lavoratori giovani o di mezza età difendevano le pensioni a 58 o 60 anni. Non per solidarietà con i colleghi più anziani, ma per l’aspettativa (o la pretesa) di beneficiarne a tempo debito. Che la speranza fosse vana e irrazionale era poco rilevante, perché il desiderio non è appunto razionale e non si fonda su un criterio di sostenibilità, ma, appunto, di desiderabilità e gli elettori italiani continuano a ritenere desiderabile un sistema di generalizzata privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite.

Girard diceva che la guerra dei desideri porta alla violenza, ma la loro riconciliazione attraverso il sacrificio di un capro espiatorio riporta la pace e l’alleanza: nei processi politici questo capro espiatorio è rappresentato dalla politica stessa, perché proprio alla politica e allo Stato, cioè al potere e al bilancio pubblico, è consegnato l’impegno e la soddisfazione di qualunque desiderio, come se i decreti del sovrano fossero onnipotenti e i suoi forzieri inesauribili. Se il desiderio è insoddisfatto, la politica va punita. Per qualunque desiderio soddisfatto, la politica ha fatto comunque, bene o male, quel che gli spetta.

L’esempio recente del bonus 110% è eclatante. È senza ombra di dubbio il disastro finanziario più grave della storia recente, ma nessuno di quelli che l’hanno voluto, votato, difeso e sostenuto (anche dall’opposizione) ne avrà il benché minimo danno, perché anche il più esplicito ripudio della razionalità economica, se si lega all’impegno di “dare qualcosa a qualcuno”, è considerato politicamente commendevole.

Non sembri questa una lettura troppo oscura o, visto il riferimento a Girard, letteraria del default democratico italiano. È la più evidente, la più suffragata dai fatti, la più corrispondente allo spirito della nazione. D’altra parte, se il “caso balneari” anziché suscitare scandalo e dispetto continua a essere considerato un banco di prova imprescindibile proprio per le strategie di consenso delle maggioranze politiche (e non certo per i voti dei 60.000 addetti del settore), vorrà pur dire che alla maggioranza degli italiani va bene così, no? Che tutti, ciascuno a suo modo, vorrebbero essere balneari, no? (Public Policy)

@carmelopalma