(Public Policy) – Roma, 6 nov – Nonostante “molte delle
misure previste nel decreto Sviluppo bis non possano essere
considerate decisive rispetto all’obiettivo dichiarato”,
esse “rappresentano un passo avanti”. Aurelio Regina,
vicepresidente di Confindustria, intervenendo alla
commissione Industria al Senato sul provvedimento presentato
lo scorso 4 ottobre dal Governo, ha evidenziato aspetti
favorevoli e problematici del provvedimento. “La portata di
molti degli interventi previsti – ha detto – risulta
limitata da vincoli ingiustificati o condizionata da una
fase attuativa, che, come già sperimentato in passato,
appare incerta e rischia di vanificarne l’efficacia”.
CRISI DI DOMANDA SENZA PRECEDENTI NEL DOPOGUERRA
Regina ha tracciato un quadro di forte criticità del
sistema produttivo italiano. La produzione industriale,
secondo le stime del Centro studi di Confindustria, a
ottobre era a un livello inferiore del 23,2% rispetto al
picco pre-crisi. Dopo aver recuperato nel 2010 una frazione
di quanto perduto nel 2008-2009, l’Italia è, secondo i dati
degli industriali, tornata in una fase di acuta recessione,
che proseguirà anche per una parte del prossimo anno.
Da aprile 2011 a ottobre di quest’anno la produzione
industriale è diminuita dell’8,9%, circa mezzo punto, in
media, al mese. “La riduzione della domanda interna è stata
– ha dichiarato Regina – di un’intensità che non ha
precedenti nel dopoguerra ed è stata la determinante del
calo dell’attività economica”. Nei mesi più recenti, ha
precisato, “si è attenuato l’apporto positivo della domanda
estera, aggravando lo scenario complessivo. Non si vedono
segnali di inversione di rotta, ma solo di attenuazione
della tendenza negativa”.
INFRASTRUTTURE, ELIMINARE LA SOGLIA MINIMA
PER IL CREDITO D’IMPOSTA
Il punto centrale e più qualificante del dl Sviluppo bis,
per Confindustria, “è rappresentato dal riconoscimento di un
credito d’imposta per la realizzazione di nuove
infrastrutture”.
La misura prevede in via sperimentale il riconoscimento di
un credito di imposta a valere sull’Ires e sull’Irap
generate dalla costruzione e gestione in partenariato
pubblico privato di nuove opere pubbliche, la cui
progettazione definitiva sia approvata entro il 31 dicembre
2015 e per le quali non sono previsti contributi pubblici a
fondo perduto.
Ma il credito d’imposta, rileva Confindustira, può essere
riconosciuto solo alle opere infrastrutturali di importo
superiore a 500 milioni di euro, per le quali sia acclarata
la non sostenibilità del piano economico finanziario, e nel
limite del 50% del costo dell’investimento.
Il limite dei 500 milioni, ha dichiarato così il
vicepresidente degli industriali, “restringe notevolmente il
campo di applicazione e potrebbe comportare il rischio di
delicati profili discriminatori rispetto ad altre opere di
importo minore”
Secondo le stime di Confindustria, l’eliminazione della
soglia minima di investimenti generebbe 4 miliardi
aggiuntivi, finanziati attraverso il credito d’imposta.
Questi investimenti, ha riferito Regina, “porterebbero a uno
0,43% di maggior Pil a partire dal quarto anno e a un saldo
positivo sull’indebitamento netto della Pa di circa 560
milioni di euro alla fine del periodo”.
“Tuttavia, gli attuali
limiti della norma, in primo luogo la soglia di 500 milioni
di euro come valore dell’opera al di sopra del quale è
possibile riconoscere l’agevolazione, ne riducono fortemente
l’efficacia”.
I PUNTI POSITIVI
Tra gli aspetti che Confindustria valuta positivamente,
Regina ha ricordato in primo luogo le misure per l’agenda
digitale e per le start-up. Le prime “sono un segnale
importante dell’attenzione del Governo all’innovazione e al
miglioramento del rapporto tra cittadini, imprese e Pa”.
È importante ora, ha ribadito Regina, “assicurare certezza
e rapidità alla fase attuativa anche attraverso una
governance forte e unitaria e, ancor prima, mantenere
intatto l’impianto del provvedimento”.
Le misure dedicate alle start-up innovative, per
Confindustria, “rappresentano una prima risposta
all’esigenza di rafforzare la propensione a fare impresa”.
Sebbene “non manchino singoli aspetti da correggere o
rafforzare”, Confindustria descrive gli interventi a favore
delle nuove realtà imprenditoriali come “una risposta al
processo di riordino, e progressivo venir meno, delle
tradizionali forme di incentivazione dedicate alla nascita
di nuove imprese”.
Bene anche il Desk Italia “che rappresenta un importante
punto di riferimento per l’attrazione degli investimenti
esteri”, e le “misure dedicate alle Pmi in tema di Confidi,
strumenti di finanziamento e reti d’imprese”.
LE PERPLESSITÀ DEGLI INDUSTRIALI
Non convincono, invece, Confidustria le norme che puntano a
favorire la concorrenza e la trasparenza degli affidamenti
dei servizi pubblici locali. L’intervento proposto “appare
incompleto e privo di adeguati
meccanismi di enforcement”, e dovrebbe invece istituire un
assetto regolamentare coerente con i principi europei,
seguendo le valutazioni della Corte costituzionale.
In tema di Pmi, il decreto “non affronta la delicata
questione del passaggio generazionale, tema che merita un
intervento urgente, pena il rischio di disperdere importanti
patrimoni produttivi”.
Con l’obiettivo di “rimuovere alcuni oneri all’attività di
impresa”, Confindustria richiama l’attenzione sul tema della
responsabilità solidale in materia di appalti, dove “sarebbe
opportuno un intervento per risolvere definitivamente le
questioni aperte”.
Gli industriali propongono poi un ripensamento della nuova
regolamentazione delle relazioni commerciali nel settore
agricolo e alimentare, “per contenere gli effetti negativi
sulla tenuta della filiera e ricondurre la disciplina alle
sue finalità originarie, vale a dire di strumento utile a
contrastare situazioni di squilibrio negoziale”. (Public
Policy)
LEP