ROMA (Public Policy) – Dopo il voto delle Comunali, il bipolarismo è vivo, la Lega ringalluzzita, i 5 stelle in affanno, il Pd tiene. Vi proponiamo l’intervista, pubblicata su Luiss Open, a Roberto D’Alimonte, professore ordinario di Sistema politico italiano e direttore del Dipartimento di Scienze politiche della Luiss.
LUISS Open – Chi ha vinto e chi ha perso nel voto del 10 giugno in 760 comuni italiani?
Roberto D’Alimonte**. Per capire chi ha vinto e chi ha perso, lasciamo parlare i numeri innanzitutto. Domenica scorsa c’erano 20 comuni capoluogo di provincia in palio. In 6 di questi 20 comuni c’è stato un sindaco vincitore già al primo turno: 4 comuni sono andati al centrodestra, 2 al centrosinistra e nessuno al Movimento 5 Stelle. Per i restanti 14 capoluoghi si andrà dunque al ballottaggio, e soltanto in 3 ballottaggi sarà presente il Movimento 5 Stelle.
Se consideriamo tutti i 109 comuni con più di 15.000 abitanti, invece, possiamo dire che al primo turno ne sono stati assegnati 34, fra cui 15 al centrodestra, uno alla destra, 13 alla sinistra e 5 alle liste civiche. Ci saranno dunque 75 ballottaggi, in cui la sfida più frequente sarà quella fra candidati sindaci di centrodestra e centrosinistra, soltanto in 7 sarà presente invece il Movimento 5 Stelle
In termini numerici, dunque, si può dire che fra i tre poli del panorama politico italiano, da questo turno elettorale esce perdente il Movimento 5 Stelle. Il centrosinistra arretra rispetto al centrodestra, ma per una valutazione più completa occorre aspettare i ballottaggi. Mancano all’appello centri importanti e storicamente di sinistra come Pisa, Siena, Massa… Se dopo il ballottaggio fossero assegnati al centrodestra, ovviamente il giudizio su questa tornata dovrebbe essere rivisto in maniera peggiorativa per il centrosinistra.
LUISS Open – Il Movimento 5 Stelle passa dunque dall’exploit dello scorso 4 marzo, alle elezioni politiche, a un risultato deludente ora. Perché?
D’Alimonte. In realtà questo risultato del Movimento 5 Stelle è una conferma della fatica che il movimento incontra a livello locale. Nel 2013 andò in maniera simile: una forte affermazione a livello nazionale nelle elezioni politiche non gli ha permesso, cinque anni fa come pure oggi, di diventare competitivo alle elezioni comunali.
Noi politologi ci occupiamo per questo del “rendimento elettorale alle Comunali” e lo abbiamo pure misurato. In estrema sintesi, fatti 100 i voti ottenuti alle elezioni politiche, nel 2013 il M5s ne otteneva 34 alle elezioni comunali dello stesso periodo; oggi il rendimento dei grillini rimane basso, al 31%. Il centrosinistra, quest’anno, per 100 voti ricevuti alle elezioni politiche, ne ha ricevuti invece 136 alle comunali. Il centrodestra, per ogni 100 voti delle elezioni politiche, ne ha ricevuti in media 86 per i suoi candidati sindaci. Questo scarso rendimento dei Cinque stelle alle amministrative è dovuto essenzialmente alla mancanza di una classe politica locale pentastellata. Lì dove la rete e il web contano meno, per intenderci, i partiti tradizionali continuano ad avere candidati mediamente più radicati, più visibili e più credibili, dunque più votati.
Per dare un’idea ancora più concreta di questa tendenza, vorrei fare l’esempio di Guglionesi, un piccolo comune del Molise con poco più di 5.000 abitanti. Qui il Movimento 5 Stelle, alle elezioni politiche dello scorso 4 marzo, ha raccolto il 49% dei voti; alle elezioni regionali del successivo 22 aprile, nello stesso paesino, il Movimento 5 Stelle ha raccolto il 37% dei voti; alle comunali di domenica, sempre a Guglionesi, i consensi del Movimento si sono fermati al 21% del totale. Insisto però: una tendenza simile non è una novità per i grillini, andò così anche nel 2013, il che non ha impedito al Movimento di crescere nei consensi a livello nazionale.
LUISS Open – Il sistema politico italiano ha subito cambiamenti radicali negli ultimi anni. Ci sono indizi di ulteriori novità in arrivo in questo voto comunale?
D’Alimonte. Da un’analisi complessiva dei dati, come si è visto, emerge in realtà che almeno al livello amministrativo il bipolarismo regge. Al massimo, esso è inficiato da una discreta avanzata delle liste civiche.
Per quanto riguarda lo stato di salute del centrosinistra, uscito pesantemente sconfitto dalle urne lo scorso 4 marzo, direi che stavolta si può parlare di una sua tenuta. Il centrosinistra ha quindi confermato le sue capacità a livello locale, ora si vedrà nei ballottaggi. Intanto il Partito democratico si è ritagliato un “breathing space”, un minimo spazio per respirare, da cui poter ricostruire – se vorrà e riuscirà – anche una presenza nazionale.
Il centrodestra ottiene risultati positivi, è forse quello cui giova maggiormente la “luna di miele” tra nuovo governo e opinione pubblica. Non a caso, dentro l’alleanza conservatrice, si conferma la forza trainante della Lega – probabilmente avvantaggiata in extremis anche dalle recenti posizioni assunte sull’immigrazione da Matteo Salvini, ministro dell’Interno e segretario del Carroccio – e invece una Forza Italia al rimorchio. Tuttavia, anche per un giudizio definitivo sulla performance del centrodestra – che per il momento continua a esistere nonostante le divisioni sul futuro del Governo -, occorrerà aspettare i ballottaggi di fine giugno.