di Luigi Ferrata*
ROMA (Public Policy) – A partire dall’800, i quotidiani hanno avuto un ruolo importantissimo nella circolazione delle idee e nella diffusione degli ideali di libertà e democrazia che sono stati alla base della formazione degli Stati nazionali. Per restare in Italia basti pensare all’importanza de Il Risorgimento fondato da Camillo di Cavour o La Nazione di Bettino Ricasoli nel creare e rafforzare quel sentimento di unità nazionale, che ha contribuito alla realizzazione politica del Risorgimento. Probabilmente, senza la presenza della stampa in grado di fare da tramite tra opinione pubblica e governi, sarebbe stato molto più complesso arrivare alla formazione di Stati democratici.
Il ruolo che i quotidiani nazionali hanno iniziato a giocare un paio di secoli fa, potrebbe essere replicato ora, avendo come punto di riferimento Bruxelles e l’Ue. Se si vuole provare a rafforzare l’unità e a costruire un maggior sentimento nazionale “europeo”, la presenza di uno o più quotidiani “europei” potrebbe essere davvero utile e funzionale alla causa. Le recenti elezioni e le discussioni intorno ai negoziati per i top jobs, così come i dibattiti sul green deal piuttosto che sull’intelligenza artificiale, stanno dimostrando come il baricentro della politica si stia spostando inesorabilmente dagli Stati nazionali a Bruxelles. Lì il Parlamento e i Governi nazionali, insieme all’interno del Consiglio, prendono le decisioni più importanti per la vita di tutti noi cittadini europei. Si sente, però, la mancanza di un vero quotidiano di matrice europea in grado di raccontare, in un’ottica transnazionale, la politica di Bruxelles vista non come sezione di politica estera, bensì interna, che guardi a Bruxelles dall’interno e non dall’esterno, come avviene ora.
Alcune testate, come Politico, pur offrendo contenuti di gran qualità ai propri lettori, sono principalmente destinate alla “bolla” formata da chi vive e lavora nel mondo delle istituzioni Ue e non riescono a parlare ai cittadini dell’Unione; altre, come il Financial Times, non sono europee e sono principalmente focalizzate su economia e finanza, così come su questioni internazionali e comunque non hanno l’Unione come orizzonte principale. Ciò che serve è un giornale in grado di avvicinare ed essere interessante per gli europei, contribuendo a rafforzare anche la percezione dell’Europa, come entità unita nei confronti del resto del mondo.
Immaginandone una possibile struttura, si potrebbe pensare a un quotidiano in cui la politica interna è costituita da notizie provenienti da Bruxelles, non raccontate però attraverso il prisma della politica nazionale, come spesso avviene, ma in un’ottica europea. Al tempo stesso, sarebbe necessaria una sezione di politica regionale, per raccontare gli avvenimenti politici principali negli Stati membri. L’Economia allo stesso modo riporterebbe le notizie rilevanti e i singoli Stati sul tema, così come la Cronaca e la Cultura, mentre gli Esteri racconterebbero ciò che avviene fuori dall’Ue, anche qui sempre attraverso un prisma europeo, più che nazionale, come avviene generalmente ora. La lingua dovrebbe essere l’inglese, ormai il nuovo latino, candidato a diventare la lingua europea. I sistemi di Intelligenza Artificiale sarebbero comunque in grado di assicurare traduzioni immediate per non escludere o lasciare indietro nessuno. Sicuramente il progetto è sfidante e i principali editori europei potrebbero mettersi insieme e prendere l’iniziativa. Il momento è ora. (Public Policy)
*Managing partner Rud Pedersen Public Affairs Italy