di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – Non ditelo a Goffredo Bettini e ai vari teorici del campo largo, se non larghissimo, che il M5s è rimasto – non si sa per quanto – senza Giuseppe Conte. L’uomo cioè che ha guidato l’Esecutivo giallorosè, il punto di riferimento fortissimo di tutti i progressisti, come da esatta definizione zingarettiana. Non diteglielo insomma a Bettini che il Pd rischia di veder implodere più di quanto già adesso stia avvenendo l’alleato prediletto. Niente più “casa comune” per dirla con Dario Franceschini? La defenestrazione – via tribunale, una beffa – di Conte rischia di creare non pochi problemi non soltanto al M5s ma pure al Pd, che aveva teorizzato la via socialista insieme ai grillini. Una sorta di animale raro, osservato con gli occhi dell’analista politico, ma benedetto anche da Enrico Letta, convinto d’aver vinto le quirinarie e finanche le Politiche già alle amministrative. Il che potrà essere pure vero – almeno per quanto riguarda le elezioni locali è vero che il centrosinistra ha fatto molto meglio – non fosse altro per demeriti del centrodestra, ma da qui alle elezioni politiche c’è un anno abbondante.
Intendiamoci, l’alleanza Forza Italia-Lega- Fratelli d’Italia sta facendo di tutto per disperdere il proprio consenso potenziale ma è anche vero che il caos generato dal M5s potrebbe abbattersi anche sul Pd, che finora ha impostato tutta la sua strategia nel recupero dell’alleato, garantendogli agibilità politica. Si è persino dimenticato il Pd, per fare questo, dello stato di subalternità culturale profondo che il centrosinistra ha vissuto per anni nei confronti della creatura di Grillo e Casaleggio. Basti ricordare il referendum costituzionale per il taglio del numero dei parlamentari, al quale aveva detto sì anche il Pd, rimangiandosi peraltro i precedenti voti parlamentari.
Conte era garanzia di stabilità politica, l’attuale regnante ripristinato – Beppe Grillo – assai meno. Imprevedibile con i suoi finti passi di lato, sempre disponibile a dare la linea attraverso il sacro blog, Grillo è un agente del caos più che un leader politico. Non dimentichiamo come trattò Pierluigi Bersani nel 2013. Se il M5s si è – sostiene qualcuno – istituzionalizzato, non possiamo non vedere che Grillo è rimasto certamente quello di sempre. Giova oltretutto ricordare che cosa disse dello stesso Conte nel giugno 2021: “Non ha né visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione. Io questo l’ho capito, e spero che possiate capirlo anche voi”. Il nuovo-vecchio capo del M5s insomma non lo considerava né un punto di riferimento né tantomeno fortissimo. Il Pd dovrà convivere con questo ingombrante alleato oppure rinuncerà all’interlocuzione privilegiata con il M5s, magari recuperando – come chiedeva Ettore Rosato parlando con Public Policy – il dialogo con le forze centriste, a partire da Italia viva? (Public Policy)
@davidallegranti