di David Allegranti
ROMA (Public Policy) –
D. Proporzionale, maggioritario… Stefano Ceccanti, deputato del Pd e costituzionalista, che sistema elettorale servirebbe?
R. “Penso che serva un punto di equilibrio. Sia dal punto di vista del rapporto tra gli elettori e la formazione di maggioranze di Governo sia in quello tra gli elettori e i singoli candidati. Sul primo punto penso che sia giusto, come ricordava Ruffilli, che gli elettori si attendano di essere arbitri delle sorti di un Governo, ma al tempo stesso mi pare che abbiamo un clima spesso troppo fazioso e unilaterale. Per questo un buon punto di equilibrio può essere quello di un sistema proporzionale per così dire a disproporzionalità programmata. Esattamente come l’inflazione programmata. Chi vince con una soglia ragionevole di voti, non inferiore al 40 per cento, non dovrebbe poter superare grazie a un premio il 55 per cento dei seggi, magari anche passando attraverso un doppio turno eventuale. Si sarebbe così lontani dai quorum di garanzia: dai tre quinti dei componenti per eleggere i giudici costituzionali, dai due terzi per approvare riforme costituzionali non assoggettabili ai referendum, ma di fatto anche dall’elezione da soli di un presidente della Repubblica, perché una personalità troppo marcata come di parte perderebbe comunque consensi a scrutinio segreto.
Mi pare un equilibrio ragionevole e su questo vorrei fare una postilla politica che è rilevante perché una parte del dibattito politico mette insieme in modi diversi la questione della continuità con Draghi con quella della riforma elettorale. Chi pensa che ci voglia una continuità, sia pure dinamica come accaduta tra il governo di grande coalizione guidato da Merkel e quello in corso di formazione di Scholz, sbaglia se punta machiavellicamente su una formula che non faccia vincere nessuno”.
D. Perché?
R. “La continuità dinamica col Governo Draghi va in qualche modo presentata agli elettori, su quello va chiesto il mandato. Altrimenti il machiavellismo di chi ha paura di esporre quello che si pensa ridarebbe fiato al populismo. In questo la riflessione che ha presentato Enrico Morando a Orvieto all’assemblea di Libertà Eguale, a differenza di altri, tiene insieme la continuità dinamica con Draghi con gli incentivi bipolari, mentre invece una parte del mondo politico e giornalistico vorrebbe sommare draghismo e proporzionalismo, senza peraltro essere realisticamente in grado di arrivarci.
Sul secondo punto, quello del rapporto elettori/eletti, l’Italia ha inventato per il Senato e per le Province durante il primo sistema dei partiti una terza via originale tra le liste bloccate e il voto di preferenza: l’uninominale proporzionale di partito. Varrebbe la pena di rilanciarlo”.
D. In che tempi sarebbe ragionevole avere una nuova legge elettorale?
R. “Prima possibile perché occorre evitare qualsiasi tentazione di provare ad approvare una legge con pochi voti di maggioranza a fini di parte. La distanza temporale aiuta ad operare sotto un ragionevole, quanto meno parziale, velo di ignoranza. Per questo correttezza istituzionale vorrebbe che si seguisse un criterio: quanto più si è costretti a operare a ridosso delle elezioni, tanto più occorrono maggioranze ampie. Un accordo può anche avvenire negli ultimi mesi di una legislatura, ma di accordo deve trattarsi. In ogni caso se prosegue la maggioranza di larga unità nazionale pensare ad un’approvazione con numeri ristretti e a fini di parte oltre che sbagliato sarebbe comune pressoché impossibile: il Governo non metterebbe la questione di fiducia e senza di essa non si possono superare credibilmente né i voti segreti alla Camera né i possibili ostruzionismi”.
D. Con il proporzionale non c’è un problema di governabilità?
R. La governabilità, o più precisamente i Governi di legislatura che possono essere premiati o puniti a fine mandato dopo un arco ragionevole di anni, ha bisogno o di un sistema di partiti forte che però non si crea in laboratorio (a esempio deve essere pacifica la convenzione costituzionale, come lo è in Germania e nelle varie democrazie parlamentari ma niente affatto nella nostra, che una coalizione di Governo è guidata dal leader indicato dal primo partito della stessa agli elettori) o di regole forti dove i partiti siano deboli. Per regole forti però vanno intese non solo quelle elettorali, ma anche quelle costituzionali relative alla forma di governo e quelle dei regolamenti delle assemblee parlamentari. A esempio il nostro sistema comunale è forte non solo perché si sa subito il vincitore ma anche e soprattutto perché la sfiducia al sindaco o le dimissioni dello stesso porterebbero entrambi a nuove elezioni. Non mi sembra però che siamo in grado di fare a questo punto interventi costituzionali sulla forma di governo. Non va sottovalutato il possibile impatto delle riforme dei regolamenti, soprattutto se si riuscisse e legare più strettamente liste elettorali e gruppi parlamentari. Quanto al sistema elettorale quando si parte da un sistema dei partiti molto frammentato possono creare problemi sia alcuni sistemi proporzionali sia alcuni maggioritari a turno unico. Se il turno è unico si è costretti ad assemblare varie forze per vincere che poi però possono disarticolarsi. Col doppio turno, invece, si possono raccogliere voti di altri elettori senza bisogno di allargare a dismisura gli accordi”.
D. C’è il rischio di una conventio ad excludendum nei confronti di una parte del centrodestra?
R. “Come ebbe a dire autocriticamente Giorgio Napolitano rispetto alle lentezze del Pci nel primo sistema dei partiti, le convenzioni per escludere sono in realtà quasi sempre scelte di autoesclusione. Se sei in Italia e ti opponi all’Unione europea, alla Nato, se diffondi comunque pesanti resistenze a questa integrazione, prima o poi rischi di ritrovarti isolato perché inadatto a governare. Non è mai auspicabile che questo accada, specie da parte di forze che hanno ampi consensi, però se accade non è il frutto di un arbitrio, ma di un’inadeguatezza. In questo senso se la Lega decidesse di autoescludersi dalla maggioranza ciò inciderebbe anche sul dibattito sulla riforma elettorale, rilanciano l’idea di un proporzionale senza premio e con solo sbarramento, ma non credo che accadrà. La disarticolazione dei poli dovrebbe prima accadere sul piano politico per poi essere ratificata dalla norma, ma non è uno scenario realistico”.
D. C’è possibilità di riuscire a coinvolgere tutto il centrodestra sulla riscrittura della legge?
R. “È doveroso provarci a tutti i costi. Anche perché non credo che il centrodestra che continua ad andare unito nelle amministrative (ce ne saranno ancora a maggio) e che presenta almeno due partiti su tre nell’attuale maggioranza di Governo possa dividersi nel voto su una legge elettorale politica”. (Public Policy)
@davidallegranti