La rivoluzione di Nordio: ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il Governo

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Riforma delle intercettazioni, della carcerazione preventiva, dell’obbligatorietà dell’azione penale. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha annunciato, la settimana scorsa, una autentica rivoluzione. Tant’è che da opposizione e magistrati sono arrivate molte critiche e risposte stizzite, compreso il grande classico: così si aiutano le mafie, così si attacca la democrazia, così si vogliono colpire i magistrati.

Nordio è un sincero liberale, per questo avevano destato preoccupazione nelle ultime settimane le decisioni in materia di giustizia (decreto anti invasione, rilancio dell’ergastolo ostativo). Ma su separazione delle carriere, intercettazioni e altri incistati bubboni italiani il ministro ha assunto posizioni nette in linea con il suo pensiero, argomentato da anni. Come quando ha detto, parlando di intercettazioni, che attraverso la “diffusione selezionata e pilotata” esse sono diventate “strumento micidiale di delegittimazione personale e spesso politica”. Dalle procure, infatti, le intercettazioni finiscono magicamente sui giornali, anche o forse soprattutto quando sono penalmente non rilevanti. Il ministro ha poi proposto una riforma della custodia cautelare, “proprio perché teoricamente confligge con la presunzione di innocenza, non può essere demandata al vaglio di un giudice singolo. È vero che però, poi, interviene il tribunale del riesame. Nondimeno, anche a prescindere dal condizionamento rappresentato da un provvedimento preesistente, l’intervento collegiale può rimuovere il danno che è stato fatto, ma non quello che è già stato ingiustamente patito”.

Circa mille persone all’anno vengono incarcerate, persone che poi risulteranno poi  essere innocenti: dal 1992 al 31 dicembre 2020 si sono registrati 29.452 casi. L’Italia è il quinto Paese dell’Unione europea con il più alto tasso di detenuti in custodia cautelare: il 31 per cento, un detenuto ogni tre. La giustizia ingiusta, peraltro, è un salasso per lo Stato: i 750 casi di ingiusta detenzione nel 2020 sono costati quasi 37 milioni di euro di indennizzi. Dal 1992 a oggi lo Stato ha speso quasi 795 milioni di euro.

Le reazioni alle parole di Nordio sono state significative, ancorché prevedibili. Walter Verini, già responsabile Giustizia del Pd, ha detto che il ministro, “con il senso politico, inquietante, di questa relazione, ha deciso di ricominciare la guerra politica e magistratura. Ha riaperto una pagina, quella della guerra dei trent’anni, che pensavamo fosse archiviata”. Non è una posizione isolata. È la posizione del Partito democratico, pronto a non appoggiare le riforme di Nordio, mentre Italia viva ha già dato il suo assenso. Fa eccezione nel Pd la presa di posizione di Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, per il quale “il garantismo è il fondamento dello Stato di diritto. Le proposte di Nordio, rafforzamento della presunzione d’innocenza, separazione delle carriere tra pm e giudici, stop all’abuso della carcerazione preventiva e intercettazioni, vanno sostenute. Stop al giustizialismo di destra e di sinistra”. La risposta del M5s è naturalmente la più scontata: una netta contrarietà, condita dai soliti commenti apocalittici sulle ferite alla democrazia e alla magistratura: “La Giornata internazionale contro la corruzione si celebra a poche ore dall’illustrazione dell’inquietante piano di riforma della Giustizia esposto dal ministro Nordio e dalla maggioranza. Il loro è un autentico attacco alla magistratura e a tutto l’impianto a difesa della legalità, con particolare attenzione a non disturbare più  i colletti bianchi protagonisti dei reati di corruzione e concussione”, hanno detto Stefania Ascari, Anna Bilotti, Federico Cafiero De Raho, Valentina D’Orso, Carla Giuliano, Ada Lopreiato e Roberto Scarpinato, rappresentanti del M5s nelle commissioni Giustizia di Camera e Senato.

Resta da capire quanto di quello che ha detto Nordio sarà effettivamente attuato. Quanto la sua maggioranza lo sosterrà, nonostante le prime rassicurazioni in merito, soprattutto di Giorgia Meloni, che ha spiegato come le posizioni di Nordio siano quelle del Governo. Il che non esaurisce le contraddizioni e le incoerenze dell’attuale Esecutivo. Secondo il presidente dell’Unione Camere Penali Giandomenico Caiazza, Nordio “siede su un ossimoro esplosivo, che prima o poi detonerà: siamo garantisti sul processo – ama dire la presidente Meloni, che pure è una donna intelligente – e giustizialisti sulla esecuzione della pena. Questa sì, una bestemmia, e staremo a vedere come il nostro Carlo se la sbroglierà”. C’è il rischio, infatti, che Nordio possa essere strumentalmente usato come bandierina o, peggio, foglia di fico per celare pulsioni identitarie sulla giustizia, poco compatibili con il profilo liberale che l’ex procuratore sulla carta rappresenta. (Public Policy)

@davidallegranti

(foto cc Palazzo Chigi)