Lavoro, scontro sull’emendamento FdI sulla prescrizione dei crediti. Opposizioni chiedono ritiro

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di Giuseppe Pastore

ROMA (Public Policy) – Non si placa lo scontro politico su uno dei tre emendamenti depositati dal relatore del dl Crisi Industriali in commissione Industria al Senato con il quale si interviene sul regime di operatività della decorrenza del termine di prescrizione quinquennale dei crediti da lavoro.

Il termine, secondo la norma presentata dal senatore Salvo Pogliese (FdI), decorrerebbe in costanza di rapporto di lavoro e non più dalla conclusione del rapporto, come attualmente previsto. In particolare, la proposta di modifica al testo (che introduce anche misure per ex Ilva) stabilisce che “il termine di prescrizione di 5 anni decorre in costanza di rapporto di lavoro” per i crediti di lavoro del personale dipendente impiegato nelle imprese con più di 15 dipendenti nei cui confronti trovano applicazione le tutele nel caso di licenziamento illegittimo. Non solo, perché si introduce anche un termine di decadenza di 180 giorni entro il quale le domande aventi ad oggetto la rivendicazione di crediti da lavoro possono essere sostenute per via giudiziale.

Secondo il relatore “disciplinare in maniera chiara e semplice il regime della decorrenza del termine di prescrizione in costanza di rapporto è un atto di lealtà nei confronti delle imprese e dei lavoratori. E non è affatto vero – ha dichiarato Pogliese – che la norma vuole limitare i diritti retributivi del personale, semmai il contrario: i datori di lavoro che non pagano salari adeguati in forza di validi contratti collettivi non possono accedere ad alcuna forma di tutela semplicemente perché non ne hanno diritto”.

Non la pensano allo stesso modo, tuttavia, le forze di opposizione che chiedono di ritirare l’emendamento depositato in commissione. “Per i lavoratori diventerebbe impossibile ottenere arretrati e stipendi non pagati dai propri datori di lavoro”, ha scritto sui social il leader del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte. Anche il Pd si è schierato contro l’intervento normativo, perché si tratta di “un emendamento che limita drasticamente il diritto dei lavoratori a ottenere giustizia per parti di retribuzione dovuti dal datore di lavoro e non pagati”, ha denunciato la deputata dem e responsabile Lavoro del partito, Cecilia Guerra.

Per Avs “la maggioranza vuole imporre per legge la prescrizione in costanza di rapporto per le grandi imprese, e l’invio di una lettera da cui resterebbero solo 180 giorni per proporre il ricorso”, le parole del senatore Tino Magni.

Ma l’emendamento Pogliese di cui le opposizioni chiedono il ritiro non si limita a questo. La proposta di modifica, infatti, interviene anche in materia di minimi retributivi prevedendo che “la retribuzione stabilita nell’accordo tra le parti, in applicazione di quanto indicato dal contratto collettivo si presume proporzionata e sufficiente ai sensi dell’art. 36 della Costituzione, salvo che venga accertata la grave inadeguatezza dello standard retributivo stabilito dal contratto collettivo di lavoro per il settore e la zona di svolgimento della prestazione, tenuto conto dei livelli di produttività del lavoro e degli indici del costo della vita, come accertati dall’Istat”.

Quindi il giudice potrebbe determinare la retribuzione solo nel caso in cui venisse accertata tale “grave inadeguatezza dello standard retributivo”. Secondo diversi esponenti delle opposizioni sarebbe un attacco alla magistratura con cui si “punta a esautorare i giudici dal potere di accertare l’adeguatezza della retribuzione, impedendo il pagamento delle differenze arretrate anche in caso di ‘grave inadeguatezza’”, ha detto ancora il senatore di Avs Tino Magni.

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