ROMA (Public Policy) – di Enrico Cisnetto – Nella progressiva desertificazione industriale italiana, ci sono oasi da preservare, se non si vuole morire di sete. Una di queste è l’industria farmaceutica, che per fortuna continua a lanciare segnali di assoluta controtendenza. L’ultimo dei quali è l’investimento dalla multinazionale di origine tedesca Merck Serono, che con 49 milioni di euro punta a realizzare entro i prossimi 3 anni un nuovo impianto produttivo a Modugno in Puglia, aggiuntivo all’esistente, allungando la catena di eccellenza rappresentata dalla fiorente industria farmaceutica.
Per esempio a Brindisi, lì vicino, c’è un altro anello: lo stabilimento specializzato in biotech di Sanofi, che quest’anno vedrà impiegati ulteriori 15 milioni dopo gli altrettanti del 2013. Per rilanciare i poli di Verona e Parma, poi, la GlaxoSmithKline ne metterà sul piatto 120. E queste sono solo le ultime notizie per un settore in cui “se viene garantita stabilità, nei prossimi due anni ci saranno 1,5 miliardi di investimenti e l’assunzione di 1500 laureati“, dice Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria.
C’è da credergli, visto che i numeri del comparto sono di grande conforto: 174 fabbriche, 62.300 addetti (il 90% laureati e diplomati), 28 miliardi di euro di produzione, di cui il 70% destinato all’export, la bilancia commerciale in positivo. Numeri che sostanzialmente raddoppiano se viene preso in considerazione anche l’indotto. Per valore assoluto la manifattura farmaceutica italiana è seconda in Europa solo alla Germania, mentre è prima per produzione pro-capite (434 euro contro una media europea di 320). Ma oltre al presente, la farmaceutica rappresenta anche una certezza del futuro.
Ed è per questo che l’allarme di Scaccabarozzi, per il quale serve stabilità normativa, fiscale e regolamentare, è da tenere in debita considerazione per evitare che possano essere messi a rischio i 2,3 miliardi che ogni anno vengono investiti in ricerca e sviluppo, o venga frenata una crescita dell’export che negli ultimi 5 anni ha registrato l’incredibile aumento del 64% (rispetto al +7% dell’industria manifatturiera in generale).
Per conservare uno dei pochi primati italiani rimasti e continuare ad attrarre investimenti esteri in Italia è però necessario rimanere con l’acceleratore premuto e, soprattutto, proseguire a coltivare quel capitale umano in grado di lavorare sulla ricerca e sullo sviluppo, di sfornare sempre prodotti innovativi e all’avanguardia, di competere nei mercati e con i concorrenti di tutto il mondo.
Bankitalia certifica che dal 2007 tutte le attività manifatturiere sono calate, ad eccezione della farmaceutica, che alla collettività porta quindi molto più di quel che chiede: rappresenta il 15% della spesa sanitaria pubblica, ma ha subito il 36% dei tagli degli ultimi 3 anni e il suo costo sulle spese convenzionate è sceso dell’8,6% in un anno. Intanto però, dal 1951 l’aspettativa di vita è cresciuta di 3 mesi ogni anno, 6 ore al giorno e 15 secondi ogni minuto. Lunga vita alla farmaceutica. (Public Policy)
@ecisnetto