ROMA (Public Policy) – di Enrico Cisnetto – Se fosse boxe, sarebbe un uno-due micidiale. In appena dieci giorni il presidente di Pirelli, Marco Tronchetti Provera, è uscito a testa alta da due procedimenti giudiziari in cui era entrato come accusato – e per qualcuno magari già colpevole – prendendosi due sonore rivincite. La prima è nei confronti di Carlo De Benedetti, che lo aveva accusato di diffamazione a mezzo stampa per aver dichiarato, in un’intervista del 2013, che l’ingegnere “è stato molto discusso per certi bilanci Olivetti, per lo scandalo legato alla vicenda di apparecchiature alle Poste Italiane, che fu allontanato dalla Fiat, coinvolto nella bancarotta del Banco Ambrosiano, che finì dentro per le vicende di Tangentopoli”.
Durante l’udienza di lunedì al tribunale di Milano, però, si sono invertite le parti: l’accusatore De Benedetti ne è uscito con le ossa rotte e l’imputato Tronchetti Provera a braccia alzate. I bilanci dal 1994 al 1996 dell’Olivetti, infatti, non solo erano “discussi”, ma motivo di condanna per falso in bilancio passata in giudicato proprio nei confronti dell’Ingegnere. Il quale non ha saputo dire nulla di meglio di un laconico “non ricordo”, nemmeno di aver risarcito l’Olivetti. Ricorda, però, di essere stato “arrestato per quattro ore” nella vicenda di tangenti alle Poste Italiane, ma poi di essere stato “prescritto”.
Ed è qui che la vittoria non è più ai punti, ma per k.o. tecnico. Proprio Tronchetti, infatti, dieci giorni fa ha rinunciato alla prescrizione a cui aveva diritto nel processo sui dossier illeciti di Telecom Italia, dove era accusato di ricettazione per aver ricevuto un cd di dubbia provenienza da un suo collaboratore. Ora, non è chiaro se questa sia ricettazione e dove sia il “profitto” che serve per identificare questo tipo di reato, ma è evidente che il manager Pirelli si ritiene innocente.
Lui, nemmeno dopo la condanna arrivata nel processo di primo grado intende avvalersi del diritto – che pure diritto è – della prescrizione. Insomma, una settimana di rivincite per Marco Tronchetti Provera. Certo, con i tempi biblici della giustizia italiana, ci vogliono sempre anni. Con le sentenze di condanna comminate a mezzo stampa, le assoluzioni passano sempre sotto traccia, in un trafiletto di pagina 8.
Con i danni economici che tutto questo provoca sia a livello di singole aziende che di sistema economico, c’è poco da gioire e, anzi, è triste che un imputato per far valere la propria innocenza debba rinunciare ai propri diritti. Però, almeno un paio di colpi sono stati schivati, e un altro paio assestati. (Public Policy)
@ecisnetto