ROMA (Public Policy) – di Enrico Cisnetto – Dopo la tragedia, la farsa. Abbiamo lasciato il 2013 con la penosa vicenda del “salva Roma“, un decreto nato per un problema serio, ma specifico, al cui interno erano state inseriti i temi più svariati – dal trasporto pubblico al gioco, passando per le sigarette – tanto che il Quirinale, che certo non è nemico del governo Letta, aveva bocciato il provvedimento. Ma l’abitudine di mischiare come l’acqua con l’olio argomenti eterogenei in decreti nati con scopi e denominazioni monotematici, incurante della barbina figura già raccolta, è proseguita prima con il “milleproroghe” e adesso con la versione seconda del “salva Roma”.
Mercoledì, infatti, il “salva Roma 2” (la vendetta…) era stato respinto nella commissione Affari costituzionali del Senato perché, inspiegabilmente, alcuni membri di Pd e Scelta civica erano assenti al momento del voto. Meno di due ore dopo, però, è stato l’emiciclo di Palazzo Madama a venire in soccorso del governo. Nel passaggio in aula, procedura sempre prevista nelle valutazioni di legittimità costituzionale di un decreto, assenze ingiustificate non ce ne sono state, e il testo è passato. Quello che non è passato, invece, è il caos sul provvedimento, al cui interno il governo ha inserito un emendamento per concedere ai Comuni la possibilità di incrementare tra lo 0,1 e lo 0,8 per mille complessivo le aliquote della Tasi, la “nuova” imposta che sostituisce l’Imu.
Il testo del “salva Roma“, mutato nuovamente in un contenitore in cui inserire di tutto, fra cui anche lo scottante tema della tassazione degli immobili, rischia un’altra probabile e sonora bocciatura nel suo approdo in commissione Bilancio la settimana prossima. Infatti, Scelta civica ha già annunciato che non voterà il provvedimento, anche a costo di sfiduciare l’esecutivo; un parere che è assolutamente determinante in commissione per l’approvazione del testo. Quindi, ci risiamo: “salva Roma” a rischio, confusione parlamentare, immagine delle istituzioni screditata, eccetera. La prima versione del decreto legge destinato a intervenire sulle finanze della Capitale era stata bocciato per eccessiva eterogeneità.
Ma poi Napolitano aveva autorizzato la ri-presentazione del provvedimento in una seconda versione, ammonendo però che la reiterazione dei decreti può avvenire solo per ragioni di “necessità e urgenza”, e tali sono i conti pubblici della Città Eterna. Ma ecco che le azioni e i moniti del Quirinale si sono rivelati inutili e nel decreto sono già state inserite norme che nulla hanno a che fare con il salvataggio dei conti di Roma, con il rischio di bocciature per il provvedimento, immobilismo legislativo e brutte figure per il governo e la maggioranza. L’eterno ritorno dell’uguale, solo che qui è la farsa a ripetersi all’infinito. (Public Policy)