(Public Policy) – Roma, 2 ott – (di Gaetano Veninata) Nichi
Vendola si è candidato ufficialmente, sabato 6 ottobre si
terrà a Roma l’assemblea nazionale del Partito democratico,
mentre Matteo Renzi gira l’Italia in camper. Qualcuno che
non ha ancora deciso se candidarsi o meno, in attesa di
“capire meglio” come funziona il giochino primarie, è il
consigliere regionale lombardo, Pippo Civati.
Public Policy lo ha intervistato.
D. CONSIGLIERE CIVATI, COSA CAMBIA
CON LA CANDIDATURA DI VENDOLA?
R. Adesso c’è una coalizione, si entra finalmente nel vivo.
Anche se non si capisce perchè lo si faccia così tardi tutti
quanti.
D. PERCHÈ IL LEADER DI SEL HA ASPETTATO TANTO?
R. Vendola era titubante sulla base di un calcolo politico
ed elettorale. Politico perchè mezzo Pd vuole andare con
Monti e lui fa fatica, comprensibilmente. E dall’altra parte
c’è un calcolo elettorale, perchè è evidente che adesso
Vendola entra in campo come terza forza rispetto a Bersani e
Renzi.
Inoltre c’è la questione delle regole: forse Vendola le
conosce, io sicuramente no. D’altronde i comitati elettorali
di ciascuno degli attuali contendenti si sono incontrati, in
un modo un po’ curioso perchè in realtà le sedi di partito
servirebbero a discutere proprio di queste cose.
D. LEI SI CANDIDERÀ?
R. La mia candidatura è sempre possibile, ho sempre detto
che volevo aspettare per sapere come stanno le cose, non è
una candidatura contro nessuno o per imporre la mia
personalità. Sempre se ci saranno lo spazio e la possibilità
di farlo, perchè ancora oggi, non conoscendo le regole, io
non so se potrò candidarmi. Il ragionamento che sto facendo
da tempo è che secondo me mancano dei pezzi nelle proposte
politiche che sono state presentate, e dunque con molta
serietà farò le mie valutazioni.
D. QUALI ‘PEZZI’ MANCANO?
R. Prima questione, fondamentale: al di là di Vendola,
sulle alleanze non siamo chiari, non lo è nessuno dei due
candidati. Renzi dice ‘andiamo da soli’, mentre Bersani
‘dipende, prima facciamo le primarie’.
Secondo: bisogna stabilire
un percorso perchè non ci sia solo un candidato premier, ma
anche un Parlamento all’altezza della situazione. Anche in
questo, le nostre proposte per far scegliere agli elettori i
nostri candidati attraverso le primarie, o quelle sul limite
di mandati, sono rimaste sul tavolo.
A me non pare normale nemmeno che ogni due giorni ci sia un
pezzo significativo del Pd che chiede a Monti di rimanere a
fare il premier, mentre stiamo facendo le primarie.
D. COSA C’È CHE NON VA NELL’AGENDA MONTI?
R. Secondo me l’agenda Monti è una creazione della
letteratura contemporanea. Io ho una mia agenda da tempo e
ce l’ha anche il Pd, teoricamente. È un’agenda un po’
diversa su alcune cose, su altre coincide. Su rigore e sulle
motivazioni storiche del centrosinistra italiano c’era già
l’agenda Prodi. Sulla distribuzione del carico ci sono
opinioni diverse, come sul modello di sviluppo. Ecco, se
l’agenda Monti è l’agenda Passera io sono un po’ in
difficoltà, come tanti altri a sinistra.
D. COSA SI ASPETTA DUNQUE DALL’ASSEMBLEA
NAZIONALE DEL PD?
R. Ho il piacere di far parte della commissione statuto che
è stata convocata venerdì 5. Ci andrò e cercherò di capire
come stanno le cose, perchè ne sento di tutti i colori. Ogni
giorno sui giornali leggiamo di regole diverse, di soglie,
di albi, di requisiti. Io vorrei che ci fosse un dibattito
chiaro, è assurdo che le regole arrivino così tardi. Bersani
le primarie le lanciò a metà giugno, son cose che non si
devono fare, ci voleva un altro tipo di chiarezza e serietà.
D. LEI, INSIEME AD ALTRI MILITANTI PD, HA LANCIATO
LA PROPOSTA DI FARE 6 REFERENDUM TRA GLI ISCRITTI
(www.referendumpd.com), SU PROPOSTE PRECISE,
DA TENERE LO STESSO GIORNO DELLE PRIMARIE.
A CHE PUNTO SIETE?
R. Siamo a buon punto, ma c’è un piccolo problema:
l’assemblea nazionale, in cui avremmo voluto presentarli e
depositare il regolamento (che non c’era), non potrà
discutere di altro fuori dall’ordine del giorno. Noi
comunque li presenteremo, perchè rispondono a due
caratteristiche politiche: prima di tutto il Pd, oltre che
di comitati elettorali e di leader, dovrebbe discutere anche
di qualche cosa di concreto, magari dividendosi sulle
questioni e non solo sugli schieramenti.
In secondo luogo ci sono delle questioni di fondo, ovvero
il fatto che l’agenda Monti o l’agenda di qualcun altro
potranno essere valutate attraverso 6 domande molto
semplici: riforma fiscale, reddito minimo, incandidabilità,
consumo di suolo, matrimonio gay e alleanze. È chiaro che se
dobbiamo parlarne ai margini delle assemblee, delle
direzioni e dei circoli, diventa abbastanza difficile.
(Public Policy)