di Giuseppe Pastore
ROMA (Public Policy) – Si avvicina il primo via libera parlamentare per il ddl Pmi. Si tratta della prima legge quadro in materia di piccole e medie imprese che dopo l’approvazione a Palazzo Madama – attesa per oggi – verrà trasmessa alla Camera per la seconda lettura.
Il provvedimento, varato a inizio anno dal Consiglio dei ministri, dà attuazione per la prima volta alla legge che impegna il Governo a presentare alle Camere, entro il 30 giugno di ogni anno, un disegno di legge annuale per la tutela e lo sviluppo delle micro, piccole e medie imprese.
Tra le norme di cui si compone il testo, si spazia da strumenti per agevolare l’aggregazione tra imprese a misure per contrastare il fenomeno delle false recensioni online, passando a agli incentivi per il part-time dei pensionandi con la contestuale assunzione di giovani under 34, fino alla delega al Governo per il riordino delle normative sulle imprese artigiane e sui Confidi.
Ma ecco quali sono le principali novità introdotte durante l’esame in commissione Industria.
LA DELEGA AL GOVERNO PER UNA RIFORMA DELL’ARTIGIANATO
Uno dei nodi affrontati in commissione è stata la discussione intorno a diversi emendamenti con cui si chiedeva un intervento sul settore dell’artigianato. Tra le richieste parlamentari, alcune proposte – ad esempio – erano state avanzate da Fratelli d’Italia, Movimento 5 stelle e Forza Italia con l’obiettivo di rideterminare i limiti dimensionali per la qualifica di imprese artigiane superando quelli attualmente previsti dalla legge. Una modifica non di poco conto, visto che un intervento sui criteri dimensionali per la definizione di impresa artigiana porterebbe con sé una serie di conseguenze come (banalmente) il tipo di contrattazione applicabile al settore o l’ammissione a determinati incentivi.
Alla fine però la quadra si è trovata rinviando tutto al Governo o, meglio, delegando l’Esecutivo a una revisione complessiva del settore entro nove mesi dall’entrata in vigore della legge. La delega introdotta nel testo, frutto della riformulazione di un emendamento a prima firma Luca De Carlo (FdI), punta a “riordinare e aggiornare la normativa vigente” adeguando “la disciplina alle mutate esigenze di mercato, all’evoluzione tecnologica, valorizzando la figura dell’imprenditore artigiano, nell’ottica dello sviluppo del dimensionamento aziendale e della rimozione di vincoli societari non più adeguati, della trasmissione intergenerazionale delle competenze e della sostenibilità ambientale, sociale ed economica dell’impresa”.
LE PROPOSTE PER IL FONDO PER L’ARTIGIANATO RIDOTTE A ODG
Ma la partita sull’artigianato non si è conclusa con la delega. Accanto a questa, infatti, Mimit e Mef hanno dovuto confrontarsi sull’opportunità di inserire nell’articolato, come chiesto da alcuni emendamenti, un “Fondo per il credito alle imprese artigiane e alle micro e piccole imprese”.
Le valutazioni si sono concentrate su due proposte di modifica. Da un lato quella con cui la Lega chiedeva l’istituzione di un fondo “strutturale” con una dotazione di 10 milioni di euro a decorrere dal 2025. E dall’altro, la proposta a prima firma De Carlo (FdI), ma sottoscritta anche dalla Lega, che invece puntava a un Fondo non strutturale, ma biennale (per i soli anni 2026 e 2027) con una dotazione di 100 milioni di euro per ciascuno dei due anni.
La soluzione alla fine è ricaduta sulla formulazione di un ordine del giorno. Data la mancanza di pareri da parte del Mef, infatti, le proposte sono state convertite in un ordine del giorno con cui ci si limita ad impegnare il Governo ad “adottare tutti gli interventi utili a facilitare l’accesso al credito delle micro e piccole imprese artigiane, anche attraverso l’eventuale istituzione di un apposito fondo, al fine di incentivarne gli investimenti e la crescita”.
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