“Per i giornalisti è la precarietà la vera minaccia”

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La relazione (pdf)

ROMA (Public Policy) – “Ciò che oggi rende pìù vulnerabile chi svolge il lavoro dell’informazione è la precarietà del modo del lavoro. Un giornalista non può non essere libero perché non gli viene riconosciuto pienamente il suo diritto a svolgere il proprio lavoro. L’essere condizionato dalla precarietà, più che dal non adeguato compenso economico del lavoro che viene svolto, rende continuamente ricattabile l’esercizio di questa funzione fondamentale. Il nostro diritto a essere informati è legato alla libertà di coloro che ci devono informare”.

A dirlo è stata la deputata Pd e presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi nel corso del suo intervento in aula alla Camera, riferendosi alla relazione sullo stato dell’informazione e sulla condizione dei giornalisti minacciati dalle mafie.

Per Bindi la precarietà del lavoro giornalistico è un tema ancora più importante “in un Paese in cui non esiste di fatto il mestiere dell’editore puro perché non esiste di fatto se non la stampa che viene finanziata da chi a sua volta è imprenditore in altri settori”.

Per la presidente della commissione Antimafia, che ha depositato una risoluzione a sua prima firma che recepisce i contenuti della relazione, “a questo aspetto va posto rimedio, perché la precarietà del rapporto di lavoro è la negazione di un diritto che vale per tutti i lavoratori ma quando a quel lavoro è legata la tutela di un diritto fondamentale iscritto nella Costituzione dobbiamo essere ancora più determinati, e questo vale soprattutto per la stampa locale, le piccole testate e per alcune realtà, come la Calabria, alcune zone della Campania e della Sicilia”.

Bindi, più in generale, ha parlato di una relazione, “la prima su questo tema”, la cui “approvazione non è stata scontata perché si chiamano per cognome nomi e situazioni e non sempre le fonti sono quelle giudiziarie“.

Bindi ha infine parlato di un “capitolo iniziato ma non completato su come si può usare l’informazione come strumento di antimafia che a sua volta diventa strumento per affermare il potere della mafia”.

Questo punto, ha spiegato Bindi, verrà affrontato in un’altra relazione della commissione Antimafia di prossima presentazione. (Public Policy) NAF