di Gaetano Veninata
ROMA (Public Policy) – Nelle ore, che dico: nei minuti, in cui il mondo assiste in parte spaventato, in parte arrabbiato, in parte divertito e in larga parte indifferente, alle scaramucce verbali e foriere di disastri tra ex comici diventati presidenti e presidenti comici, all’amore-odio tra diversi imperialismi, nell’irrealtà di un’Europa inerte e dunque inutile, mentre in Arabia Saudita si decidono le sorti di Odessa, dentro una delle Camere del Parlamento italiano, quella dove il legno scricchiola di più, si difende l’onore della Patria, si ascoltano parole di bellezza, si respira cultura con la C maiuscola.
Play.
Stefania Pucciarelli (Lega), durante la discussione della mozione M5s per il riconoscimento dello Stato di Palestina (respinta): “Rispetto alle accuse per cui questo Governo sarebbe chino nei confronti di Trump, non mi sembra che la presidente del Consiglio Meloni sia stata salutata con Giorgina. Un Giuseppi, invece, ce lo ricordiamo tutti”.
Raffaele De Rosa (FI), durante la discussione della mozione sulla pace tra Armenia e Azerbaijan (approvata): “Signor presidente, colleghi, se sei umano mescolati agli esseri umani, perché gli umani stanno bene tra di loro. Questo scriveva il poeta azero Nizami Ganjav”.
Mario Occhiuto (FI), durante le dichiarazioni di voto finale sul decreto Cultura: “Immaginate questo Palazzo, una sera, quando avete fatto tardi e state andando via: i corridoi sono vuoti, le luci soffuse, non ci sono voci, né passi, né il viavai dei commessi. Il grande respiro della politica si è fermato in un momento. Palazzo Madama resta imponente nella sua bellezza e nella sua storia, ma sembra quasi addormentato e sospeso nel tempo. Tornate il giorno dopo e tutto cambia: le parole nell’aula e le idee che si scontrano, si intrecciano e prendono forma. I luoghi vivono proprio perché sono abitati”.
Stop. (Public Policy)
@VillaTelesio