(Public Policy) – Roma, 3 giu – Porre fine alla gestione
commissariale del debito di Roma Capitale. Sottoscrizione
tra il ministero dell’Economia e il Comune di Roma di un
piano di rientro del debito. Istituzione di un sistema di
monitoraggio periodico che preveda verifiche semestrali e
annuali e un tavolo tecnico presso il Mef.
Istituzione di un ufficio per l’attuazione del piano di rientro
dell’indebitamento che svolga compiti di assistenza alla
ragioneria e all’avvocatura di Roma capitale per la gestione
dei contenziosi. È quanto prevede la proposta di legge del
deputato Pd Marco Causi ‘Conclusione della gestione
commissariale e disciplina del piano di rientro
dall’indebitamento del Comune di Roma’.
La pdl (atto Camera 149), recentemente depositata e
stampata, arriva poco prima del ballottaggio tra il sindaco
uscente Gianni Alemanno e il candidato del Pd Ignazio
Marino. Causi, che è stato assessore al Bilancio del Comune
di Roma dal 2001 al 2008 durante il mandato di Walter
Veltroni, nella lunga relazione alla proposta – composta di
tre articoli – contesta la necessità del commissariamento
causato ‘non dal sovraindebitamento nato dalle precedenti
amministrazioni (Rutelli-Veltroni; Ndr) ma dal mancato
trasferimento di ingenti risorse dal parte della Regione
Lazio soprattutto in materia di trasporto pubblico locale’.
‘In realtà – spiega Causi a Public Policy – quella è una
proposta presentata nella scorsa legislatura alla cui
relazione tengo molto. Sono stato messo in croce nella
pubblica piazza per anni come il responsabile del debito
della giunta Veltroni. La relazione è una specie di
controinformazione, dove racconto la mia versione dei fatti
e per scriverla mi sono avvalso di insigni consulenti. E ho
ragione io’, rivendica.
‘Con la riunificazione delle due gestioni, quella ordinaria
e quella straordinaria – puntualizza – si ridurrebbero le
inefficienze, le opacità, il peso dell’indebitamento sulla
finanza pubblica. Infine – dice – la riunificazione delle
due gestioni potrebbe consentire la riduzione
dell’addizionale comunale Irpef’ (ora allo 0,4%, decisa
dalla giunta comunale come compartecipazione al piano di
rientro per il pagamento dei debiti), la cosiddetta ‘Veltron
tax’.
Sul fronte della gestione dei beni immobiliari, il deputato
accusa: ‘Non c’è stata accelerazione nei processi di
valorizzazione dei depositi dell’Atac o per esempio sulle
aree ex Sdo della stazione Tiburtina. Poi il buco dell’acqua
sulla vendita delle caserme. Su questi fronti si è proceduto
molto lentamente’.
LA PROPOSTA DI LEGGE
‘La crisi di liquidità – si legge nel documento – non aveva
in origine una solida motivazione poiché una crisi di
liquidità del Comune indotta dalla crisi finanziaria della
Regione Lazio è stata scambiata per una crisi di tipo
strutturale’.
Il che ha comportato, riferisce ancora nella relazione, ‘una perdita di efficienza
e trasparenza e di autonomia nella gestione finanziaria
della Capitale; ha generato un’abnorme superfetazione
normativa con provvedimenti che si sono rincorsi e
accavallati per tre anni e mezzo fino al settembre 2011; ha
prodotto un’allocazione inefficace e distorta delle risorse
aggiuntive per finanziare il piano di rientro a carico sia
della finanza statale sia dei contribuenti romani’.
Conclusioni: ‘Il ritorno a una gestione unitaria dell’intero
bilancio invece restituirebbe autonomia e margini di manovra
per l’amministrazione’.
UNA SCELTA INADEGUATA
Nell’aprile del 2008 con la vittoria di Alemanno, ‘la nuova
maggioranza denunciò l’eredità di un debito insostenibile’.
Con il sostegno del Governo Berlusconi si scelse la strada
della gestione separata. Una situazione simile, si apprende
dalla relazione, si era verificata con i debiti della
Regione Lazio nel settore della sanità.
Ma mentre nel caso della Regione Lazio ‘fu fatta una scelta
di continuità amministrativa, assumendo il debito esistente
e cercando con l’aiuto del governo nazionale le forme
migliori per onorarlo e per evitare che se ne formasse uno
nuovo’, per il Comune di Roma la scelta fu opposta.
Con una serie di interventi, nel corso della XVI
legislatura vengono riservati interi capitoli per le misure
urgenti di Roma Capitale: ‘Il sindaco è nominato commissario
straordinario, e assume in un bilancio separato rispetto a
quello della gestione ordinaria tutte le entrate di
competenza e tutte le obbligazioni assunte alla data del 28
aprile 2008’.
Tuttavia la separazione crea, secondo quanto scrive Causi,
‘un complicato intreccio tra le due gestioni che vantano
crediti e debiti l’una con l’altra, e fa emergere un
contenzioso amministrativo tra l’amministrazione comunale e
i creditori’.
Nasce un ‘mostro giuridico’ sul quale il Governo e il
Parlamento dovranno più e più volte intervenire creando così
un precedente che potrebbe diventare pericoloso perché ‘in
ogni ente territoriale ad alternanza il vincitore del
confronto potrebbe essere spinto ad adottare una strategia
elusiva non facendosi carico degli effetti amministrativi
delle azioni del predecessore. Ogni ente diverrebbe un
‘caso’ a se stante, bisognoso di continui interventi
normativi del legislatore nazionale, come dimostra quello
romano’.
Secondo il deputato del Pd invece ‘andrebbe previsto un
sistema di regole che con progressività induca l’ente a
rientrare nella normalità’.
‘Lo schema – suggerisce – è quello dei piani di rientro per
i disavanzi della sanità’.
LA CAUSA DEL DEBITO
‘Nel corso del biennio 2006-2007 – prosegue la relazione –
il Comune di Roma ha aumentato la sua esposizione debitoria
nei confronti della Regione Lazio la quale aveva cessato per
effetto della sua crisi di bilancio di trasmettere i
contributi di legge dovuti, in particolare nel settore del
trasporto pubblico locale, costringendo il Comune ad
anticipare somme notevoli (1 miliardo e 200 milioni di euro)
senza considerare però che l’emergenza finanziaria
registrata dalla nuova giunta romana derivava non tanto dal
debito quanto dalla crisi di liquidità’.
Nel 2008 il governo Berlusconi nomina Alemanno commissario
straordinario, successivamente sostituito da altri commissari,
due per la precisione le cui vicende saranno oggetto di un ricorso
al Tar.
La relazione di Causi elenca il flusso di denaro che arriva
a Roma per ripianare il debito: nel 2008, 300 milioni
vengono finanziati dallo Stato, mentre 500 vengono
anticipati dalla Cassa depositi e prestiti; nel 2009 500
milioni arrivano dal Fondo per le aree sottoutilizzate, e
dal 2010 altrettanti nell’ambito delle risorse disponibili
per il federalismo fiscale; a partire dal 2011 300 milioni
di euro arrivano dal finanziamento statale mentre 200
milioni di euro attraverso la compartecipazione del Comune
di Roma. Fu in questo periodo che il sindaco aumentò
l’addizionale comunale dell’Irpef allo 0,4% come quota di
compartecipazione al piano di rientro.
UN COMMISSARIO CHE COSTA PIÙ DELL’ASSESSORATO
‘La gestione straordinaria – scrive Causi – si è rivelata
inefficiente poiché non ha prodotto nessun valore aggiunto
nello smaltimento del debito ma ha creato problemi tali da
richiedere l’intervento del giudice’.
Si è rivelata inoltre ‘molto costosa’: secondo il comma 13
ter dell’articolo 14 del dl 78/2010 ‘le spese di
funzionamento su base annua non possono superare i 2,5
milioni di euro’ mentre il compenso del commissario
straordinario, stabilito con Dpcm, è stabilito in misura
tale da ‘non superare il costo complessivo annuo del
personale dell’amministrazione di Roma capitale incaricato
della gestione di funzioni transattive’. Insomma, ‘il
supercommissario prende uno stipendio pari alla massa
stipendiale dell’intera avvocatura del Comune’.
‘Perché – chiede Causi – per l’ufficio del commissario
straordinario è necessaria una somma cinque volte superiore
al costo dell’assessorato al Bilancio del Comune. Gli uffici
del Comune, magari potenziati, non potrebbero gestire almeno
in parte queste attività?’.
PER USCIRE DALLA CONFUSIONE
Per il deputato del Pd è necessario superare la gestione
straordinaria, ristabilire la gestione unitaria od ordinaria
del bilancio e applicare un sistema di regole che stimoli
l’ente a uscire dalla crisi con piani di rientro. In tre
articoli Causi propone: la fine della gestione
commissariale; la disciplina e la sottoscrizione tra Comune
di Roma e Mef di un piano di rientro (triennale a
scorrimento); un sistema di monitoraggio periodico.
L’istituzione di un ufficio per l’attuazione di un piano di
rientro dell’indebitamento che svolge compiti di assistenza
alla ragioneria e all’avvocatura di Roma Capitale per la
gestione dei contenziosi e delle attività di natura
finanziaria che fanno parte del piano di rientro.
(Public Policy)
SAF