di Giuseppe Pastore
ROMA (Public Policy) – Dopo quasi due anni di stallo l’aula del Senato ha dato martedì il via libera definitivo al disegno di legge, approvato a dicembre 2023 dalla Camera, che delega il Governo a intervenire in materia di “retribuzione dei lavoratori” nel settore privato.
Si tratta dell’ex proposta di legge unitaria delle opposizioni (esclusa Italia viva) sul salario minimo che, tramite un emendamento di maggioranza presentato e approvato in prima lettura a Montecitorio, è stata trasformata in una delega al Governo dalla quale scompare qualsiasi riferimento al salario minimo. Motivo per cui, quasi due anni fa, le opposizioni decisero di ritirare le proprie firme dal testo.
L’esame in commissione Lavoro a Palazzo Madama si è concluso la scorsa settimana con la bocciatura di tutti i 18 emendamenti che le opposizioni avevano presentato anche per ripristinare il contenuto originario della proposta di legge. Emendamenti poi ripresentati in aula.
PERCHÈ LA DELEGA NON CONTIENE PIÙ RIFERIMENTI AL SALARIO MINIMO
La posizione della maggioranza sul tema del salario minimo è sempre stata quella secondo cui per affrontare la questione del lavoro povero non è necessario stabilire ex lege un salario minimo. Anzi, secondo il centrodestra sarebbe addirittura dannoso stabilire un minimo legale perché si rischierebbe anche di abbassare i salari mediani.
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