Tra chiacchiere e linea politica: il Governo e gli aiuti a Kiev

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Dice la Lega che serve “chiarezza” sulle accuse di corruzione che sfiorano il Governo Zelensky in Ucraina. Ma da come la mette il partito di Matteo Salvini, sembra più retorica da campagna elettorale (ci sono le Regionali alle porte e diverse sortite di leader e partiti di queste settimane vanno pur lette in controluce); anche perché fin qui ha votato tutti i pacchetti di sanzioni e tutti gli invii di aiuti. Certo, così sembra dire di non volerne concedere altri. Non che l’Italia si sia fatta notare per eccesso di generosità. Il nostro Paese fin qui ha contribuito con lo 0,14 per cento del Pil in aiuti bilaterali. Meno di Germania (o,6 per cento) e Francia (0,3).

Lunedì però il Consiglio Supremo di Difesa, riunito al Palazzo del Quirinale, ha confermato nuovi aiuti: “Il conflitto in Ucraina non mostra segnali di distensione. Il Consiglio osserva con preoccupazione l’accanimento della Russia nel perseguire, ad ogni costo, i propri obiettivi di annessione territoriale”, c’è scritto nella nota finale del Quirinale. “Kiev resta bersaglio di continui bombardamenti contro infrastrutture critiche e civili, con gravi interruzioni energetiche e numerose vittime; il prezzo sostenuto dalla popolazione è sempre più pesante e iniquo. Il Consiglio ha confermato il pieno sostegno italiano all’Ucraina nella difesa della sua libertà. In questo senso si inquadra il dodicesimo decreto di aiuti militari. Fondamentale rimane la partecipazione alle iniziative dell’Unione europea e della Nato di sostegno a Kiev e il lavoro per la futura ricostruzione del Paese”.

Salvini dunque ha poche strade di fronte a sé. O si mette davvero contro il Governo oppure come al solito dovrà accontentarsi di potersi lamentare per i noti motivi elettorali e poi lasciar perdere. È un gioco delle parti fra Giorgia Meloni (e i suoi ministri) e il leader della Lega. Anche se, certo, qualcuno ci prova sempre: come il senatore Claudio Borghi, che su X ha chiesto: “Ma se per caso gli Usa attaccassero il Venezuela che facciamo? Mandiamo 12 pacchetti di armi a Maduro?”. Replica, sempre su X, del ministro della Difesa Guido Crosetto: “No, puoi stare tranquillo Claudio, anche perché non hanno mai invaso una Nazione per occuparne stabilmente il territorio con la scusa che alcuni parlassero inglese. È solo una tra le tante differenze con la Russia. Un’altra è il fatto che post come i tuoi, fatti in Russia in dissenso da Putin, non sarebbero possibili mentre in Usa, come in Italia, sono benvenuti anche quando dicono cose diverse ed anche opposte”. Forse, come sostengono alcuni, “questo consente alle varie autocrazie di avere più ‘efficienza’ rispetto alle democrazie ma io mi ostinerò a difendere il diritto di Claudio Borghi, e migliaia di altri che la pensano diversamente da me su tutto, di dire tutto ciò che gli passa in testa, sempre”.

Come a dire, insomma: le chiacchiere in libertà sono molte, poi però la linea politica rimane quella della premier e del Quirinale. (Public Policy)

@davidallegranti

(foto cc Palazzo Chigi)