di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – Donald Trump ha accusato il colpo. La candidatura di Kamala Harris, che in poco tempo è passata da essere la vicepresidente degli Stati Uniti non molto gradita dal popolo (e dal suo partito) a star dei Democratici, sta impensierendo Trump per la prima volta da quando è iniziata la corsa per le elezioni di novembre. Improvvisamente, è lui il vecchio della competizione, in una gara in cui l’età era diventata – soprattutto per via di Joe Biden – un fattore determinante.
Ora però Biden non è più il candidato dei Democratici e con Harris l’ex presidente degli Stati Uniti non può puntare sullo stato di salute delle sue facoltà mentali. Ha scelto, invece, di attaccarla per le sue origini: “È nera o indiana?”, ha chiesto Trump qualche giorno fa a Chicago davanti ai membri della National Association of Black Journalists. “È sempre stata di origine indiana e promuoveva l’eredità indiana. Non sapevo che fosse nera fino a qualche anno fa, quando è diventata nera, e ora vuole essere conosciuta come nera. Quindi non so, è indiana o è nera?”.
Il Wall Street Journal spiega che l’idea della campagna elettorale di Trump era un’altra: caratterizzare Harris come difficile da inquadrare sulle policies, poi però Trump ha deciso di portare la questione pericolosamente da un’altra parte concentrandosi sulla difficoltà di inquadrare la vicepresidente degli Stati Uniti dal punto di vista identitario. Non la strategia migliore, osserva David Winston, sondaggista repubblicano: “In definitiva, il nocciolo di queste elezioni riguarda le questioni economiche. Ogni volta che non si parla di questo, si perde l’opportunità di coinvolgere gli elettori indipendenti”. E gli indipendenti “decidono sempre chi vince le elezioni”. Trump insomma non ha ancora trovato un modo per reagire alla campagna elettorale di Harris, la cui vivacità si nota anche nei sondaggi, grazie alla ritrovata mobilitazione della base elettorale.
Resta da capire naturalmente quanto tempo ancora durerà l’effetto Harris, che a luglio ha raccolto 310 milioni di dollari (una parte rilevante dei quali ricevuta da nuovi donatori). Prima del ritiro, Biden era indietro di tre punti (e prima del famoso o famigerato dibattito, c’era soltanto un punto di distacco). Dopo il ritiro, invece, la dinamica è cambiata ed è, secondo Nate Silver, a favore dei Democratici in tutti gli swing states: Arizona (+3,1 per cento), Georgia (+2,6), Michigan (+3,8), Wisconsin (+0,9), Pennsylvania (+1,1), Carolina del Nord (+1,8). “Questo vale in particolare per il Michigan, uno Stato del nord-est dal muro blu, vinto da Biden nel 2020 con soli 2,78 punti di vantaggio su Trump. In Pennsylvania, uno Stato che i democratici devono vincere per avere una possibilità di conservare la Casa Bianca, Harris è in vantaggio su Trump di 0,5 punti”, osserva Le Grand Continent. La domanda però è sempre la stessa: quanto durerà? “Tony Fabrizio, un sondaggista repubblicano che lavora per la campagna di Trump, parla di ‘effetto luna di miele’ per definire la natura effimera dell’ascesa del ticket democratico nei sondaggi”, dice sempre Le Grand Continent: “Tuttavia, sottolinea che la situazione è ‘totalmente senza precedenti e non ha alcun parallelo nella storia moderna’”.
Come nel caso di Trump, la scelta del vicepresidente o della vicepresidente inciderà non poco nella campagna elettorale di Harris. Per Trump, in realtà, per il momento non sembra aver inciso positivamente. J.D. Vance – senatore e noto per il suo memoir bestseller, “Elegia Americana” – potrebbe rivelarsi troppo estremista per riequilibrare la campagna elettorale del miliardario statunitense. Su chi punterà Harris? Tra i i favoriti c’è Josh Shapiro, moderato, governatore della Pennsylvania. Per il New York Times sarebbe la scelta giusta: Shapiro, che non è molto popolare tra i progressisti, “invierebbe un segnale che la signora Harris non è prigioniera della sinistra e che antepone l’esperienza all’ideologia. Scegliere lui significherebbe aggiungere un governatore esperto di uno Stato in bilico che potrebbe interessare molti democratici moderati, indipendenti e alcuni elettori di Nikki Haley su una moltitudine di questioni chiave. Darebbe equilibrio al ticket e sottolineerebbe che c’è posto per i moderati nel Partito democratico di oggi”. La scelta arriverà molto presto. (Public Policy)
@davidallegranti