di Massimo Pittarello
ROMA (Public Policy) – I vertici di maggioranza continuano a slittare e l’agenda del premier è in costante evoluzione. Perché gli equilibri sono fragili, gli accordi appesi ad un filo e i partiti stanno ancora annusando l’aria di questo 2020. Per cui la tattica è quella di dilazionare, posporre, rinviare. Ma, purtroppo per i temporeggiatori, ci sono quattro date di questo gennaio che non possono essere rinviate e che rischiano invece di essere esiziali per questo Governo. Nel caos internazionale, nella confusione italiana, allora, proviamo a fare un po’ di ordine in questo rientro postfestivo, signanda lapillo, perché il calendario presenta un imbuto di scadenze forzate.
Entro il 12 gennaio, cioè domenica la fine di questa settimana, è attesa la consegna delle firme dei senatori per indire il referendum sul taglio dei parlamentari. Se l’esito del voto popolare è fuori discussione, la consultazione popolare permetterebbe però di aprire una finestra elettorale di tre mesi, da aprile a giugno, in cui poter sciogliere le Camere e tornare alle urne senza la riduzione degli onorevoli. Per i partiti, significa mantenere il 33% degli eletti in più, che non è poco. Vedremo se le firme ufficiali ci saranno davvero come annunciato (e anche di chi saranno).
Ma c’è un altro referendum, quello promosso da Calderoli per trasformare l’attuale legge elettorale ‘ibrida’ (un terzo in collegi e due terzi proporzionale) in una completamente uninominale, che poco dopo ha appuntamento con il destino. Il 15 gennaio la Corte costituzionale decide infatti sull’eventuale ammissibilità. E in caso affermativo gli equilibri nelle coalizioni e tra i partiti, sarebbero modificati pesantemente: quelli più piccoli andrebbero in fibrillazione, timorosi di scomparire; quelli più grandi pure, alla ricerca della quadra per andare uniti al voto. Per più di qualcuno, quindi, sarebbe meglio andare al voto subito con il Rosatellum, con soglie di sbarramento più basse e senza perdere automaticamente un terzo dei seggi.
Il 20 gennaio, poi, il Senato dovrà votare l’autorizzazione a procedere per Salvini sul caso Gregoretti. Vedremo se gli ex alleati grillini voteranno compatti contro l’ex alleato con cui governavano insieme al momento del presunto “crimine”. Comunque difficile che i pentastellati possano rivolgersi al voto online per togliersi dall’imbarazzo, come fecero sull’analogo caso Diciotti. Per cui, oltre alle pesanti fibrillazioni interne, alle espulsioni e alla diaspora di voti, i 5 stelle finirebbero per fare un’altra, doppia, giravolta: prima voto su Rousseau, poi no; prima voto contro l’autorizzazione a procedere, poi a favore.
Infine, come noto, il 26 gennaio c’è il voto in Emilia-Romagna. Ed è forse l’unica data che i sostenitori dell’attuale maggioranza rosso-gialla, attendono con ansia favorevole. Visti i sondaggi favorevoli a Bonaccini, infatti, potrebbe essere un’occasione di stabilizzare l’alleanza di Governo. Ma prima bisogna arrivarci. (Public Policy)
@m_pitta