Twist d’Aula – L’impresa di Giorgia Meloni

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di Massimo Pittarello

ROMA (Public Policy) – Sarà un’impresa quella di Meloni? O quello di Meloni sarà un Governo per l’impresa? D’altra parte, Fratelli d’Italia ha rubato molti voti alla Lega proprio in quel tessuto imprenditoriale del Settentrione una volta bacino di consenso del Carroccio. Un’erosione cominciata prima del Governo Draghi e dunque non del tutto imputabile alla scelta di stare all’opposizione. Piuttosto gli scostamenti di bilancio invocati da Salvini, insieme alla sua precaria posizione internazionale e al fatto che furono i gialloverdi a introdurre il reddito di cittadinanza, hanno evidentemente trasmesso messaggi ambigui a quel mondo. Tanto che, in assenza di autocritica da parte del leader, ci pensano i suoi a dire che “abbiamo perso perché abbiamo smesso di parlare ai ceti produttivi del Nord”. Invece, la ferma contrarietà a nuovo deficit, come anche una certa convergenza con la linea del governo uscente possono aver favorito FdI tra gli imprenditori. Gli applausi degli agricoltori della Coldiretti arrivati lunedì, quelli che una volta erano riservati a Salvini, lo dimostrano.

Tuttavia questo per il nuovo Esecutivo non è che la base di partenza di un difficile percorso. In primo luogo per ragioni politiche. La tradizione della destra italiana è assistenzialista e statalista. Tuttavia i margini di bilancio sono notoriamente stretti. Inoltre, sia Bruxelles, ma soprattutto il mondo produttivo chiedono da anni la rimozione dei lacci e lacciuoli, la liberazione degli animal spirits, insomma un processo di riforme che abbassi il peso dello Stato. Il messaggio di Confindustria non si è fatto attendere: “no alla flat tax e prepensionamenti, non possiamo fare altra spesa improduttiva”. Vedremo come Meloni riuscirà a gestire le questue che arriveranno dal suo elettorato tradizionale e dalla sua nomenklatura. E poi c’è la questione alleati. Difficile che Salvini non invochi nuovi scostamenti o attacchi all’euro e all’Europa. Per intenderci interventi su pensioni, cartelle esattoriali e flat tax li ha chiesti ieri.

Riuscirà la premier in pectore a tenere a bada riflussi di populismo e, invece, a dare soddisfazione al mondo imprenditoriale che l’ha votata? Le questioni sul tavolo non sono banali. In un contesto globale molto difficile, l’Italia arriva appesantita. La NaDef prevede due trimestri in negativo. Franco ci aggiunge il primo del 2023. Avremo anche recuperato i livelli del 2019 (che comunque erano inferiori a quelli del 2007), ma ci sono 350 miliardi di debito aggiuntivo in più, una spesa per interessi che cresce e lo spread stabile a quota 230. E ora sul tavolo ci sono nodi delicati: a novembre scadono i crediti d’imposta per imprese energivore e pmi, bisogna rinnovare il taglio delle accise, poi è il turno di tutti gli altri bonus (carburanti, trasporto pubblico, sport, terzo settore). Senza contare, ovviamente, quota 102 che scade a gennaio.

In tutto questo bisogna considerare che molte delle imprese attive oggi sono sopravvissute alla selezione darwiniana di tre crisi (2008, 2011 e 2020). E mostrano buona vitalità. Nel 2021 abbiamo raggiunto i 603 miliardi di export (dai 380 del 2007 significa +50% in 10 anni), con la previsione di una ulteriore crescita del 10,3% nel 2022 e del 5% nel 2023 nonostante la congiuntura negativa. L’andamento della manifattura dall’estate del 2020 in poi è stato sempre migliore delle attese. Come anche quello del ciclo economico, trainato proprio dalle imprese. Se la strada è molto stretta, le esigenze del mondo imprenditoriale che al Nord ha votato Meloni sono chiare. Le aperture di Confindustria, degli agricoltori, del mondo bancario e finanziario sono piene di aspettative. E richieste. Come dimostra la convergenza di intenti con il Governo Draghi, per esempio sulle bollette, l’intenzione di Meloni sarebbe quella di non contraddirle. Tuttavia da qualche parte il nuovo Esecutivo dovrà marcare la differenza con quello uscente.

Fratelli d’Italia ha riscosso un buon risultato anche nel Mezzogiorno, oltre che nel Centro Italia. Poiché è improbabile un netto cambiamento di rotta sull’economia ed è impossibile una collocazione diversa sull’Ucraina e sul piano internazionale, restano gli altri temi. Con il ritorno della stagione fredda c’è il Covid, prima di tutto. Il rigore di Speranza è stato più volte aspramente criticato. E poi la questione dei migranti e quella dei diritti civili. Temi su cui Meloni potrebbe andare in competizione con Salvini. A meno che non decida di lasciarlo fare nella sua rincorsa ad un elettorato nazional-popolare, sperando così lei di conservare il consenso conquistato al Nord. In ogni caso, qualunque sia direzione, sarà un’impresa. Bisogna capire se farà bene anche alle imprese. (Public Policy)

@m_pitta