Twist d’Aula – Tesoro, mi si sono bloccati gli investimenti

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di Massimo Pittarello

ROMA (Public Policy) – Cambiare o meglio “rimodulare”. Sì ma come? Se il Governo dovesse davvero modificare la manovra, non sarà tanto il limite del deficit al 2,4% a pesare sul giudizio di Unione europea e mercati, quanto l’attenzione alla crescita e, quindi, agli investimenti. Da misurare però non tanto in quantità di miliardi a annunciati, ma nel loro effettivo utilizzo. Cioè nelle misure concrete – e negli emendamenti a cui più di qualcuno sta già lavorando – che servono a trasformali in realtà.

Tra Bruxelles e Palazzo Chigi la trattativa è aperta e 5 miliardi potrebbero essere dirottati dalla spesa corrente a quella in conto capitale. Per reddito di cittadinanza e quota 100, infatti, non esiste ancora un testo di legge e non è stata definita né la platea né il funzionamento (e qualcuno spera in una prossima Commissione Ue più morbida). Se l’avvio sarà a 2019 inoltrato, quindi, qualcosa rimarrà in cassa. Ma, a ben vedere, i soldi ci sarebbero comunque.

In questa legge di Bilancio sono stanziati 15 miliardi di investimenti nei prossimi tre anni, mentre da quella passata ne avanzano ancora 6. Nel 2018 si prevedeva un aumento delle uscite di 850 milioni sul 2017, mentre siamo in rosso di 750. Insomma, i quattrini che restano nel cassetto. Ad allargare l’inquadratura è ancora più evidente: dei 150 miliardi per programmi infrastrutturali nelle ultime manovre è stato speso il 4%. Dai 60 miliardi del Fondo Investimenti di Palazzo Chigi sono usciti solo 300 milioni (0,5%). Per non parlare dei Fondi europei di cui, dopo cinque dei sette anni, abbiamo utilizzato appena il 5%.

Un tesor(ett)o bloccato. Eppure, non ci sono solo Juncker e Dombrovskis a suggerire maggiori investimenti. Tria li ha più invocati come motore della ripresa, mentre uno dei pallini di Savona (forse addirittura un piano A…) è sempre stato l’edilizia. E poi ci sono i parlamentari della Lega che, sollecitati dalla loro base elettorale, stanno lavorando allo sblocco delle risorse esistenti. Per esempio con un emendamento che, in forma retroattiva, permetta l’anticipo del 20% dell’importo degli appalti messi a bando. E che punta anche a ripristinare parità di trattamento tra tutte le imprese appaltatrici.

E poi si starebbe lavorando ad una norma, in manovra o in decreto ad hoc, affinché la dotazione dei Cir (circa 15 miliardi) sia di supporto alle infrastrutture. E tra le misure allo studio – oltre alle ennesime agenzie – ce ne sono alcune destinate a sbloccate due miliardi di investimenti pubblici nei primi tre mesi del 2019. A Montecitorio dovrebbe essere presentato un pacchetto semplificazioni per far favorire i lavori su qualcuna delle 670 opere ferme, che hanno un valore di 4 miliardi di euro. Per le imprese costruttrici, in totale, si parla di 20 miliardi e 330 mila posti di lavoro “persi”.

E si pone attenzione anche ai lavori del Tav, a quelli del Ponte di Genova, quelli per la messa in sicurezza dell’autostrada Roma-L’Aquila- Teramo. E molto altro. Casi in cui burocrazia, procedure farraginose, deresponsabilizzazione, autorizzazioni stratificate e poteri di veto tengono fermi soldi che ci sono. E qualcuno pensa anche ad una (contro) riforma organica del Codice degli appalti.

Vedremo. Ovviamente i soldi inutilizzati non pesano sul bilancio di cassa dello Stato, e quindi sul debito. Ma quest’ultimo risulta insostenibile non tanto nel suo valore assoluto, ma solo in rapporto al Pil e senza crescita – e con uscite straordinarie per salvataggi bancari, interventi post-catastrofi naturali e molto altro – più prima che poi il fardello diventerà insopportabile.

Certo il tema dello snellimento dei rapporti tra amministrazioni e privati non ha l’appeal mediatico di uno scontro tra il “l’avvocato del popolo” e “l’Europa dei burocrati”. Ed è difficile convincere gli elettori attraverso misure che dispiegano i loro effetti in mesi o anni successive e non in giorni o settimane. Ma questo “cacciavite” (semi-cit) potrebbe stringere qualche vite della prossima manovra e allargare le valvole agli investimenti. (Public Policy)

@m_pitta