L’Ue dice stop alla procedura. Sassoli eletto presidente del Parlamento

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ROMA (Public Policy) – La Commissione europea ha deciso di non chiedere all’Ecofin l’apertura della procedura d’infrazione (per deficit eccessivo) nei confronti del nostro Paese. Le ultime mosse italiane, ovvero l’assestamento di bilancio e il decreto “Salva conti”, avevano infatti avvicinato molto Roma e Bruxelles, motivo per cui questa mattina c’era ottimismo sulla decisione delle istituzioni europee.

“Avevamo posto tre condizioni – ha detto in conferenza stampa il commissario (uscente) agli Affari economici Pierre Moscovici – dovevamo compensare lo scarto per il 2018, quello del 2019 da 0,3 e ottenere garanzie sul 2020. Il Governo ha approvato un pacchetto che risponde alle nostre tre condizioni, quindi la procedura non è più giustificata”.

Il Governo ha dunque messo sul piatto 7,6 miliardi di minor deficit per il 2019, in cui sono compresi il congelamento dei risparmi da Reddito di cittadinanza e Quota 100, pari a circa 1,5 miliardi, che non potranno essere usati per altri scopi. Se tutto questo basterà a realizzare un rapporto deficit/Pil al 2,04% per il 2019 – così come era stato pattuito a dicembre durante le trattative sulla manovra – i conti per l’anno in corso saranno sostanzialmente a posto. Le incognite riguardavano il 2020, su cui Bruxelles chiedeva garanzie, sia per quanto riguarda le clausole Iva da disinnescare (operazione da 23 miliardi) che per scongiurare nuovi sforamenti. Nonostante questo, i commissari oggi hanno comunque proposto di chiudere la procedura.

LE NOMINE

Altro fronte è quello delle nomine Ue, dove ieri – dopo tre giorni consecutivi di Consiglio europeo – è finalmente arrivata la fumata bianca. Dal punto di vista politico, è stato sicuramente un successo per l’asse franco-tedesco: alla presidenza della Commissione infatti andrà Ursula von der Leyen, attuale ministro della Difesa tedesco, mentre alla guida della Bce la francese Christine Lagarde, direttore del Fondo monetario internazionale.

La “rivolta” di una decina di Paesi (tra cui l’Italia e il Gruppo di Visegrad) e di parte del Ppe contro il pacchetto predisposto da Angela Merkel ed Emmanuel Macron – che prevedeva l’olandese Frans Timmermans (Socialista) alla guida della Commissione e il popolare tedesco Manfred Weber come presidente del Parlamento – ha costretto a rimescolare le carte. Così facendo, la Germania (e i Popolari) avranno ciò che davvero volevano, cioè la presidenza della Commissione, mentre Parigi piazza la sua pedina sulla delicatissima poltrona adesso occupata da Mario Draghi. Ma anche i Paesi “sovranisti” hanno dimostrato di avere un peso non indifferente, costringendo di fatto Berlino e Parigi a cambiare nomi. Il Risiko si è completato designando il premier belga Henri Michel (Liberale) come prossimo presidente del Consiglio europeo e lo spagnolo Josep Borrell (Socialista) Alto rappresentante per gli Esteri.

Bruciati tutti i nomi circolati in questi mesi (Weber, Vestager, Barnier, Georgieva), anche se alcuni – in particolare Timmermans e Vestager – saranno probabilmente recuperati nel nuovo Esecutivo Ue con incarichi importanti.

INTANTO IN PARLAMENTO

Rimaneva un’ultima casella: la presidenza del Parlamento europeo. Oggi l’aula di Strasburgo ha votato come presidente l’eurodeputato italiano David Sassoli (Pd), con 345 voti (al secondo scrutinio).

Sassoli ha 63 anni ed è stato rieletto nelle liste del Partito democratico (gruppo S&D) nel maggio 2019. Guiderà il Parlamento fino a gennaio 2022.

In un discorso rilasciato in Plenaria a Strasburgo dopo la sua elezione, Sassoli ha ringraziato i deputati della 9a legislatura per la fiducia riposta. Ha poi detto: “In questi mesi, in troppi, hanno scommesso sul declino di questo progetto, alimentando divisioni e conflitti che pensavamo essere un triste ricordo della nostra storia. I cittadini hanno dimostrato invece di credere ancora in questo straordinario percorso, l’unico in grado di dare risposte alle sfide globali che abbiamo davanti a noi”.

“Dobbiamo avere la forza di rilanciare il nostro processo di integrazione, cambiando la nostra Unione per renderla capace di rispondere in modo più forte alle esigenze dei nostri cittadini e per dare risposte vere alle loro preoccupazioni, al loro sempre più diffuso senso di smarrimento”.

Sassoli ha inoltre sottolineato le priorità che il Parlamento dovrà portare avanti nei prossimi anni. “Siamo immersi in trasformazioni epocali: disoccupazione giovanile, migrazioni, cambiamenti climatici, rivoluzione digitale, nuovi equilibri mondiali, solo per citarne alcuni, che per essere governate hanno bisogno di nuove idee, del coraggio di saper coniugare grande saggezza e massimo d’audacia”.

Ha concluso dicendo: “L’Europa ha ancora molto da dire se noi, e voi, sapremo dirlo insieme. Se sapremo mettere le ragioni della lotta politica al servizio dei nostri cittadini, se il Parlamento ascolterà i loro desideri e le loro paure e le loro necessità.

In aula, nelle prossime settimane, Ursula Von der Leyen dovrà ottenere il consenso della maggioranza più uno dei 751 eurodeputati, e sarà la vera prova del 9 per la tenuta della nuova maggioranza. In ogni caso, adesso è aperta la partita dei commissari: qui Roma punta ad un incarico economico “di peso”, come ad esempio la Concorrenza. (Public Policy) PAM-GAV