ROMA (Public Policy) – Oggi a Bruxelles nuovo vertice dei leader europei per sbloccare il risiko dei top job comunitari: il “pacchetto” proposto da Germania e Francia, che vedeva l’olandese Timmermans alla guida della Commissione, è stato bocciato da una decina di Paesi (Italia compresa). Intanto Palazzo Chigi ha approvato l’assestamento di bilancio, indispensabile per evitare la procedura di infrazione (su cui si attendono novità da Bruxelles), insieme a un decreto “Salva conti”, che di fatto congela le minori spese previste per due misure bandiera della maggioranza: Reddito di cittadinanza e Quota 100. Ovvero non potranno essere usate per altre misure.
DALLE NOMINE UE ALLE SCELTE DEL CDM: I NODI SUL TAVOLO
Oggi dunque, alle 11, i capi di Stato e di Governo dell’Ue si vedranno a Bruxelles – per il terzo giorno consecutivo – nel tentativo di sbloccare il risiko delle nomine ai vertici delle principali istituzioni comunitarie (Commissione, Parlamento europeo, Bce, Consiglio europeo e Alto rappresentate per gli Esteri). La discussione, iniziata domenica, per ora non ha trovato sbocchi. Il dato politico, che forse segna il passaggio di un’epoca, è la ribellione di parte del Ppe contro Angela Merkel, che aveva elaborato con la Francia un pacchetto che vedeva l’olandese Frans Timmermans, vice di Juncker e uomo di punta dei Socialisti, alla guida della Commissione, e il tedesco Manfred Weber, candidato del Ppe alla guida della Commissione, destinato invece a diventare presidente del Parlamento europeo. Ma la “famiglia” Ppe, essendo comunque il primo gruppo a livello Ue, non vuole rinunciare alla guida dell’Esecutivo comunitario e ha affossato il piano. Contro il “pacchetto” Timmermans-Weber si cono schierati una decina di Paesi, tra cui l’Italia e il Gruppo di Visegrad.
“Mi sono ritrovato davanti l’arroganza dell’asse franco tedesco con l’Olanda. Allora ne ho fatto una questione di principio e di metodo” ha spiegato il premier Giuseppe Conte. “Ho ricordato che l’Europa è a 28 e non a due. Ho sempre avuto una posizione diversa da Visegrad, a loro interessava solo affossare Timmermans, a me no, non era questo il punto. Per me era una questione di principio e di metodo, e di rispetto non solo del ruolo dell’Italia, ma del ruolo stesso del Consiglio europeo”. Il jolly che potrebbe tornare utile è il francese Michel Barnier, capo negoziatore per la Brexit: è del Ppe ma va bene anche a Macron (che accetterebbe Timmermans ma non vuole Weber). Per la presidenza del Consiglio europeo salgono le quotazioni della bulgara Kristalina Georgieva (Ppe), presidente della Banca Mondiale, mentre come Alto rappresentante per gli Esteri si parla di Henri Michel, premier belga (Liberale). Momentaneamente “congelata” la partita della successione a Mario Draghi, per cui sono in pole position François Villeroy de Galhau, governatore della Banca di Francia, e Jens Weidmann, capo della Bundesbank.
In ogni caso, domani il Parlamento europeo eleggerà il suo nuovo presidente, e lo farà in totale autonomia se anche su questo punto i leader Ue non dovessero trovare un nome condiviso.
Altro fronte importante è la procedura di infrazione contro l’Italia per debito eccessivo. A causa dello stallo sulle nomine, la riunione odierna del Collegio dei commissari europei – da cui si attendevano novità sull’avvio o meno della procedura – è stata rimandata a domani. Nel frattempo, ieri il Consiglio dei ministri ha approvato l’assestamento di bilancio, mettendo nero su bianco 7,6 miliardi di minor deficit per scongiurare la procedura di infrazione per debito eccessivo. Il tesoretto è in gran parte merito di nuove entrate fiscali, a cui si aggiunge 1 miliardo e 500 milioni di “minor spesa” che si prevede nel 2019 per le due misure bandiera della maggioranza: Reddito di cittadinanza e Quota 100. Quest’ultimo aspetto è compreso in un apposito decreto “salva-conti”, che di fatto rimodula i fondi per le due misure, senza cambiarne i requisiti per l’accesso ma di fatto congelando le minori spese rispetto al previsto.
Come detto, è determinante l’apporto delle entrate tributarie, grazie a maggiori incassi con la fatturazione elettronica e ad operazioni “una tantum”. A questo si aggiungono 2,7 miliardi di utili e dividendi dalle partecipate statali, dove sono compresi i profitti di Cdp e Bankitalia. Vengono anche conteggiate altre “minori spese” per 1 miliardo. Il Governo ha comunque assicurato che saranno garantite risorse – circa 1,15 miliardi – per i trasporti e le politiche sociali. In conclusione, il deficit/Pil 2019 dovrebbe tornare al 2,04%, come concordato a dicembre con Bruxelles durante le trattative sulla manovra. Confortano le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ieri in visita a Vienna ha dichiarato che “non ci sono ragioni per aprire una procedura di infrazione contro l’Italia”. C’è da dire che la correzione dei conti è limitata al 2019, e quindi rimangono le incognite sul 2020 (per cui l’Ue aveva chiesto garanzie su clausole Iva e rischio di altri sforamenti). Basterà ad evitare la procedura? Lo sapremo domani (forse). (Public Policy) PAM