di David Allegranti
ROMA (Public Policy) –
D. Legge elettorale, è tornata la voglia di proporzionale. Matteo Orfini, è cambiata la rotta del Pd?
R. “Non penso sia cambiata. L’altro giorno, al seminario che abbiamo organizzato alla Camera, anche Nicola Zingaretti ha ricordato che, dopo il taglio al numero dei parlamentari, il Pd disse che quella scelta sarebbe stata bilanciata con una legge elettorale proporzionale. Tant’è che votammo un documento negli organismi di partito. Quella che è cambiata, semmai, è l’unità di tutto il Pd attorno all’idea del proporzionale e attorno a un’iniziativa per realizzarlo. È stata condivisa una lettura di fondo”.
D. Quale?
R. “Siamo in un momento delicato della vita del Paese e serve una soluzione. Non lo si fa per convenienza di parte. Il proporzionale serve a superare la crisi italiana. D’altronde, il meccanismo di funzionamento degli ultimi 30 anni, il maggioritario, non ha realizzato le promesse con cui era partito. Avremmo dovuto avere governi stabili, ci sarebbe dovuta essere l’alternanza, il no al trasformismo. E invece: non c’è un governo che ha iniziato e finito, le coalizioni si sono sfaldate. Ogni volta che c’è stato un momento drammatico, subito si è ricorso alle larghe intese. I partiti sono nati e morti di continuo. Insomma, tutto il contrario di quanto promesso. In questo momento, oltretutto, la democrazia fa fatica a creare partecipazione. Non accade solo in Italia, ma da noi c’è una connotazione sociale. Quelli che non partecipano al voto sono i più fragili: chi è escluso dai processi produttivi si autoesclude dai meccanismi della rappresentanza democratica. Il che lascia ai margini milioni di persone creando quelle sacche di ribellismo antisistema cui vengono attinti gli istinti peggiori: una volta i no vax, un’altra volta i filo Putin. C’è un pezzo crescente di popolazione che rischia di essere abbandonato al ribellismo antisistema”.
D. E il proporzionale, con le sue spinte identitarie, è la soluzione migliore?
R. “È un meccanismo più politico e inclusivo. Favorisce la rappresentanza, permette di realizzare partiti degni di questo nome, a partire dalla fatica della costruzione del consenso. I partiti sono liberi da condizionamenti, perché si dedicano a cercare voti. Il che non significa che non esistano più destra o sinistra o i rispettivi campi di appartenenza. Non è che non c’è più il fronte progressista perché c’è il proporzionale. Ognuno si concentra per essere più forte possibile e avere i numeri per governare. Naturalmente per noi è meglio stare con i progressisti che con la Lega. Invece di tenere il Paese in ostaggio di due coalizioni – centrodestra compreso, che è diviso su tutto – si consente ai partiti di lavorare su se stessi per convincere gli italiani”.
D. Il proporzionale cambia il rapporto con i Cinque stelle?
R. “Non ho particolare sintonia con i Cinque stelle, ma loro sono da sempre dei convinti proporzionalisti; erano quindi persino più avanzati di noi. Essere entrambi per il proporzionale, però, non ci ha impedito di andare insieme alle amministrative. Il campo largo prescinde dai meccanismi elettorali, è un fatto politico”. (Public Policy)
@davidallegranti