L’Upb di Pisauro non ha cambiato idea sulla Manovra

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ROMA (Public Policy) – “Il rallentamento congiunturale già sottolineato in occasione della presentazione della NaDef si è ulteriormente accentuato. Ne risulta confermata la previsione, indicata in sede di validazione dello scenario tendenziale, di una crescita dell’1,1 per cento del Pil 2018, mentre emergono ulteriori rischi al ribasso relativamente al prossimo anno. Secondo le stime di breve termine dell’Upb la crescita del 2019 già acquisita risulterebbe pari allo 0,1 per cento, rendendo l’obiettivo di aumento del Pil per il prossimo anno (1,5 per cento) ancora più ambizioso di quanto già rilevato in precedenza”.

Il dato emerge dalla relazione sulla legge di Bilancio illustrata dal presidente dell’Ufficio parlamentare di Bilancio Giuseppe Pisauro, davanti le commissioni Bilancio di Camera e Senato.

E ancora: “Nelle valutazioni più recenti dell’Upb, che incorporano la manovra al suo valore facciale, l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche si posizionerebbe nel 2019 al 2,6 per cento del Pil. In particolare, le divergenze rispetto alla stima della Nadef e a quella recentemente diffusa dalla Commissione europea sono imputabili alla diversa previsione sulla crescita economica e all’impatto dell’aumento dello spread sulla spesa per interessi”.

La manovra peggiora il disavanzo pubblico, sia rispetto al deficit tendenziale sia, per il biennio 2019-2020, rispetto al risultato atteso per il 2018, che verrebbe nuovamente raggiunto solo nel 2021 – si legge – La riduzione del disavanzo nel 2020 e nel 2021 si otterrebbe peraltro unicamente grazie al mantenimento di una quota di clausole di salvaguardia su Iva e accise, pari rispettivamente allo 0,7 (13,7 miliardi) e allo 0,8 per cento (15,6 miliardi) del Pil”.

Le grandezze della finanza pubblica programmate dal Governo appaiono soggette a rischi (indebolimento del quadro macroeconomico e impatto dell’evoluzione recente dei tassi di interesse) e incertezze (l’efficacia delle misure di razionalizzazione della spesa, i tempi di attuazione delle norme sul reddito di cittadinanza e sulla riforma del sistema pensionistico, l’effettiva realizzazione dei valori programmatici della spesa per investimenti)”, spiega ulteriormente il dossier.

Per quanto riguardo la cosiddetta quota 100, “qualora l’intera platea utilizzasse il canale di uscita appena soddisfatti i requisiti potrebbe comportare un aumento della spesa pensionistica lorda stimabile in quasi 13 miliardi nel 2019 e sostanzialmente stabile negli anni successivi”.

Il dossier puntualizza come “una valutazione puntuale dell’adeguatezza delle risorse nel Fondo per la revisione del sistema pensionistico rispetto agli obiettivi di modifica del sistema stesso (6,7 miliardi nel 2019 e 7 miliardi a decorrere dal 2020) sarà possibile solo dopo l’approvazione dei relativi criteri di attuazione dell’eventuale apertura di un nuovo canale di pensionamento”.

“Se questo canale fosse parametrato a una eventuale quota 100 come somma di un’età almeno pari a 62 anni e di un’anzianità contributiva di almeno 38 anni, la misura potrebbe potenzialmente riguardare nel 2019 fino a 437.000 contribuenti attivi“, si legge ancora.

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NAF-SER