Cosa prevede l’accordo tra Italia e Hong Kong sul fisco

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ROMA (Public Policy) – Un accordo “indispensabile alle imprese italiane” per operare a Hong Kong “in condizioni pienamente concorrenziali rispetto agli operatori di altri Paesi”: è quanto garantisce il governo, presentando il ddl di ratifica dell’accordo siglato nella regione speciale cinese a gennaio dello scorso anno, “per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali“.

Il disegno di legge, presentato dal ministro degli Esteri Federica Mogherini il 3 luglio 2014, ha iniziato il suo iter in III commissione alla Camera il 23 dello stesso mese.

STANDARD OCSE Gli aspetti tecnici dell’accordo rispecchiano “gli standard più recenti del modello di convenzione fiscale dell’Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico)”.

CHI RIGUARDA A essere toccate dall’accordo sono “le persone fisiche e giuridiche residenti” in Italia o nella regione amministrativa speciale di Hong Kong.

DI QUALI TASSE PARLIAMO Per quanto riguarda l’Italia: reddito delle persone fisiche (Irpef); reddito delle società (Ires); imposta regionale sulle attività produttive (Irap). Per quanto riguarda Hong Kong: utili; salari; proprietà.

LA “STABILE ORGANIZZAZIONE” Le disposizioni, come detto, ricalcano gli standard Ocse e anche alcune previsioni Onu. “Si considera – si legge – la configurazione di una stabile organizzazione nel caso di un cantiere di costruzione, montaggio o installazione o di supervisione, nonché di un’impresa che presta servizi” se viene superato “il limite di sei mesi”. Per stabile organizzazione si intende inoltre “una sede di direzione, una succursale, un ufficio, un’officina”, ma anche “una miniera, un pozzo petrolifero o di gas”.

LE TASSE SU REDDITI IMMOBILIARI E UTILI D’IMPRESA La prima è prevista a favore del Paese “in cui sono situati gli immobili”, mentre, per quanto riguarda il trattamento degli utili d’impresa, “è accolto il principio generale secondo il quale gli stessi sono imponibili esclusivamente nella parte contraente di residenza dell’impresa, ad eccezione dei redditi prodotti per il tramite di una stabile organizzazione”.

I DIVIDENDI I dividendi “sono imponibili anche alla fonte” (oltre che nel Paese di residenza di chi incassa) “limitatamente a un’aliquota che non può eccedere il 10% dell’ammontare lordo dei dividendi”.

IN MATERIA DI INTERESSI E ROYALTIES In materia di interessi, fermo restando il principio generale della loro definitiva tassazione nella parte contraente di residenza di chi incassa, “è stata concordata un’aliquota di ritenuta del 12,5% nella parte contraente della fonte. Inoltre, al fine di agevolare l’acquisto di titoli del debito pubblico italiano, è stata tra l’altro inserita una disposizione finalizzata a esentare nella parte contraente della fonte i redditi da interessi quando il debitore sia il governo o un ente pubblico” di uno dei due Paesi. Lo stesso vale in materia di canoni o royalties, laddove è prevista un’aliquota massima di ritenuta del 15% nella parte contraente della fonte.

LA TASSAZIONE DEGLI UTILI DI CAPITALE Avviene “se si tratta di plusvalenze relative a beni immobili nella Parte contraente in cui questi sono situati”; se si tratta di “plusvalenze relative a beni mobili appartenenti alla stabile organizzazione o alla base fissa”; nel caso di “plusvalenze relative ad azioni di un’impresa derivanti più del 50% del loro valore da beni immobili”

TASSAZIONE CONCORRENTE Nell’accordo è stato mantenuta, come principio generale, l’imposizione esclusiva nella parte di residenza. “Viene tuttavia prevista – si legge nella relazione introduttiva al ddl – la tassazione concorrente nella parte di prestazione dell’attività, nel caso della disponibilità di una base fissa utilizzata per l’esercizio della professione, o se il residente soggiorna nell’altra parte contraente per un periodo o per periodi pari o superiori, in totale, a 183 giorni” in un anno.

PER EVITARE LE DOPPIE IMPOSIZIONI Quanto ai metodi per evitare le doppie imposizioni, anche in questo trattato è stato adottato, per l’Italia, “il metodo di imputazione ordinaria, che limita l’ammontare del credito relativo all’imposta estera alla quota di imposta italiana attribuibile agli elementi di reddito imponibili in Hong Kong nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo”. L’Italia, inoltre, “non riconosce il credito per le imposte pagate all’estero nei casi in cui i redditi siano sottoposti per legge in Italia a imposta sostitutiva o a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, anche su scelta del contribuente”.

VALIDITÀ DELL’ACCORDO Per l’Italia il 1°gennaio dell’anno solare successivo a quello dell’entrata in vigore; per Hong Kong, a partire dal 1° aprile dell’anno solare succcessivo all’entrata in vigore. (Public Policy)

GAV