Comunque vada, non sarà un successo // Nota politica

0

di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Piero Fassino, uno che la politica la conosce bene, la mette così: a Bologna vince Matteo Lepore al primo turno. A Milano Beppe Sala e Napoli Gaetano Manfredi al primo o al ballottaggio con largo vantaggio. A Roma Roberto Gualtieri e Torino Stefano Lo Russo al ballottaggio. Se i risultati fossero questi, per il centrodestra sarebbe una discreta “cenciata” alle elezioni amministrative. Non imprevista, tuttavia, ma anzi molto prevedibile. Le intemperanze di Giancarlo Giorgetti, che ha attaccato frontalmente le candidature di Luca Bernardo a Milano e Enrico Michetti a Roma, testimoniano un malessere diffuso che attraversa le linee di frattura del centrodestra. La principale: che farne dell’eredità sovranista e neopopulista? Forse è presto per darla precocemente invecchiata, ma potrebbe non essere sufficiente per superare l’effetto Draghi, che ha disarticolato le coalizioni, in particolare quella di Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi.

“Il centrodestra molto probabilmente perderà in tutte le grandi città. E non succederà niente. L’unica cosa che a destra non si è capita è che il 40% o giù di lì dei consensi non basta per vincere i ballottaggi e nemmeno per ottenere una maggioranza alle politiche”, nota Lorenzo Castellani su Twitter, centrando il punto: “Naturalmente in questo ci sono le colpe dei leader e dei fiancheggiatori degli stessi: troppa prosopopea e troppa polarizzazione verso gli elettori moderati, impolitici, indecisi”. Non è un caso che invece Giorgetti si presenti costantemente come il tessitore di operazioni che guardano al mondo produttivo e, sul fronte politico, alle forze più moderate. Da Italia viva a Coraggio Italia, da Azione a Cambiamo. Pare che il cantiere sia aperto da settimane e che riserverà qualche sorpresa a breve. Potrebbe essere questo il nucleo del famoso “partito per Draghi” di cui si discute nei corridoi parlamentari. Un’idea che potrebbe piacere anche a Matteo Renzi. Certo, resta da capire – qualora Draghi non fosse disponibile a guidare il nuovo schieramento – chi potrebbe essere il frontman. Il condominio centrista-liberale d’altronde è parecchio affollato. Ma un leader serve, come ha spiegato anche il politologo Mauro Calise a Public Policy.

Le difficoltà del centrodestra, comunque, non assolvono il centrosinistra, Pd compreso. Come nota parlando con Public Policy uno degli uomini di fiducia di Lorenzo Guerini, ministro della Difesa, “noi abbiamo problemi di radicamento sui territori e di pluralità del Pd negli stessi”.

continua – in abbonamento

@davidallegranti