E adesso? La crisi di Governo, tra Conte ter e ‘Responsabili’

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ROMA (Public Policy) – La crisi di Governo (al buio) si è ufficialmente aperta: ieri Matteo Renzi ha ritirato dall’Esecutivo la delegazione Iv, annunciando in conferenza stampa – con i diretti interessati – le dimissioni del sottosegretario Ivan Scalfarotto e delle ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti. L’ex premier ha riservato parole dure all’attuale inquilino di Palazzo Chigi, affermando che è “un re nudo”, che con il suo metodo di governo ha costruito dei “vulnus democratici”, che non ha realizzato nessuna riforma strutturale e che “non è riuscito a sbloccare i cantieri”. Inoltre, secondo Renzi Giuseppe Conte basa la sua presenza come presidente del Consiglio “solo per governare la pandemia, ma non altro”, e ha fatto un “uso discutibile dei Servizi segreti”. E ancora: il premier è stato accusato di “populismo”, di pensare “solo al consenso”, di governare “attraverso i social” e di volere “pieni poteri, cosa che non consentiremo”.

Tuttavia, nonostante questa raffica, il leader Iv non ha messo un veto su Conte come capo di un nuovo Governo, sottolineando però che “non c’è un solo nome per Palazzo Chigi”, lasciando intendere che si potrebbe andare avanti con l’attuale maggioranza ma con un premier diverso. Prima della conferenza stampa di Renzi, Conte era salito al Quirinale per un colloquio con il presidente della Repubblica. Al termine, una nota del Colle spiegava che il premier aveva riferito “sulle decisioni del Consiglio dei ministri – relative al Recovery plan – e sullo stato dei rapporti della coalizione. Il presidente Mattarella ha sottolineato la necessità di uscire velocemente da questa condizione di incertezza, a fronte dell’allarmante situazione causata dalla pandemia”.

Al Quirinale Conte avrebbe manifestato l’intenzione di fare delle aperture a Iv, ricucendo attraverso un “patto di legislatura”, e di non pensare più ad una pattuglia di “responsabili” per sostituire numericamente i renziani. Inutile dire che la conferenza stampa dell’ex segretario Pd ha di nuovo rimescolato le carte, e le parole dure contro la sua persona avrebbero irrigidito Conte, che – dopo aver accettato le dimissioni della delegazione Iv – adesso sarebbe più propenso a portare la crisi in aula. Alla Camera i numeri ci sono anche senza Iv, mentre a Palazzo Madama i 18 senatori di Italia viva risultano determinanti. Qui, considerando anche 9 esponenti del Misto che finora hanno appoggiato la maggioranza, al premier servirebbero circa 15 senatori per stare tranquillo, e Mattarella ha fatto capire che per una soluzione di questo tipo i “responsabili” dovrebbero costituire un vero e proprio gruppo, in modo da conferire la necessaria stabilità.

Le esplorazioni in tal senso sono in corso, e ovviamente stanno accelerando dopo gli sviluppi di ieri. Da segnalare poi sviluppi dell’ultima ora alla Camera, dove la maggioranza, sposando le richieste dell’opposizione, ha chiesto che il premier venga a riferire in aula. I lavori si sono fermati, e a breve sarà convocata una capigruppo per la richiesta formale. In ogni caso, oggi la strada per un Conte ter – con l’attuale alleanza – appare decisamente più stretta, nonostante la mossa renziana abbia incassato la dure critiche di Pd, M5s e Leu, tutti compatti nel condannare la rottura. Renzi, che ieri avrebbe proposto ai suoi parlamentari il nome di Luciana Lamorgese – attuale ministro dell’Interno – come nuovo premier, al momento parrebbe maggiormente propenso a sostenere un Esecutivo istituzionale o con una maggioranza allargata. Intanto nelle prossime ore è atteso un Cdm per chiedere un nuovo scostamento di bilancio (da 24 miliardi), propedeutico al varo del quinto decreto Ristori, e sul punto i voti Iv ci saranno, poi si vedrà. (Public Policy) PAM