CRISI, LATOUCHE: PER SUPERARLA SCOLLEGARE CRESCITA DA BENESSERE /INTERVISTA

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(Public Policy) – Roma, 7 nov – (di Sonia Ricci) Serge
Latouche, professore emerito all’Università di Parigi,
economista e filosofo francese è intervenuto questa mattina
alla conferenza, organizzata dall’Università Statale Roma
Tre, dal tema “Quale rapporto fra economia, ecologia e
filosofia? L’occasione della crisi”. Latouche è tra gli
avversari più noti dell’occidentalizzazione del pianeta,
sostenitore della decrescita conviviale e del localismo.
Critica il concetto di economia odierna, mirando a costruire
quella del “soddisfacimento dei bisogni”.

Durante gli studi sul progresso economico odierno “ho
capito che la cosa importante era partire dalla crisi –
spiega all’inizio della sua relazione – questa crisi mette
in ‘crisi’ le nostre scienze: economia, filosofia, ecologia.
Parliamo di crisi da più di trent’anni; oggi siamo di fronte
alla crisi dei debiti sovrani, ma nel 2007 si parlava di
quella finanziaria. Negli anni ’70 si parlava di quella
ecologica e culturale. Oggi abbiamo una fortuna fantastica:
possiamo vedere in diretta il collasso dell’occidente”.

D. IL PROGETTO DI “CRESCITA E AUSTERITÀ”,SOTTOSCRITTO
DA MOLTI PAESI OCCIDENTALI DURANTE IL G8 DI TORONTO, È LA
CHIAVE GIUSTA PER SUPERARE LA CRISI?
R. A Toronto accettarono questo compromesso storico
paradossale: premi il freno e allo stesso tempo accelera.
Viviamo in un sistema particolare. La crisi, secondo la
medicina ippocratica, dura solo un attimo. Noi siamo sempre
in crisi; perché se manca la “crescita” il sistema non
funziona. Il capitalismo trova il suo equilibrio come un
ciclista, sempre pedalando. Ora viviamo paradossalmente in
una società di crescita, senza crescita però. La situazione
peggiora e proprio per questo cercano di rilanciarla, ma non
funziona. L’unica soluzione è uscire dalla società della
crescita e costruire una società di “prosperità senza
crescita” come dice il mio collega inglese Tim
Jackson.

D. QUELLA CHE LEI CHIAMA UNA SOCIETÀ “D’ABBONDANZA
FRUGALE”.
R. Scollegare il benessere dalla crescita. Perché la
crescita è finita e non riprenderà mai. La decrescita è un
programma di austerità volontaria, avviato nel momento in
cui l’iperconsumo rischia di farci cadere nell’obesità. Non
è crescita negativa, è il superamento dell’idea illusoria
della crescita.

D. C’È CHI SOSTIENE CHE IN QUESTO MOMENTO C’È BISOGNO
DI PIÙ POLITICA E CHE QUESTA HA PERSO IL SUO RUOLO DI
GUIDA. COSA NE PENSA?
R. Sicuramente ora è la logica economica, capitalista e
produttiva ad avere in mano il potere. L’oligarchia
economica e finanziaria domina il mondo. Il politico deve
riprendere la sovranità sull’economia, ma questa è una vera
rivoluzione.

D. COSA PENSA DELLE SCELTE DEL GOVERNO MONTI IN CAMPO
ECONOMICO? AD ESEMPIO SULLA SPENDING REVIEW, SULLE
PENSIONI, SULLA FLESSIBILITÀ.
R. Sono catastrofiche. Tutti si accorgeranno presto di
questo. Certamente messe a paragone sono migliori di quelle
fatte dal governo Berlusconi.

D. È REALMENTE POSSIBILE RIPAGARE IL DEBITO PUBBLICO?
R. No, il debito non sarà mai pagato. Tutti lo sanno, ma si
deve fare finta che sia possibile ripagarlo per far
funzionare ancora quest’economia di “casino”. Non
funzionerà. Dobbiamo uscire da questo inferno della società
della crescita che non cresce.

D. QUALI SONO LE SUE PROPOSTE AL RIGUARDO?
R. Né austerità ne crescita: rilocalizzare, riconvertire,
ridurre. È necessario “rilocalizzare”, consumare prodotti
locali, sostenendone così l’economia.
C’è bisogno di una politica autarchica. Riportare le
industrie nel territorio e riprendersi la moneta locale. La
“riconversione” ecologica è un tema che va di moda, ma
dobbiamo riconvertire l’agricoltura che distrugge i suoli e
la qualità del cibo. Un’agricoltura senza pesticidi e
concimi. L’agricoltura produttivistica non può soddisfarci
oltre il 2050. Non ci sarà più petrolio, motore principale
di quest’economia. “Ridurre” lo speco e gli orari di lavoro.
Lavorare meno per lavorare tutti. Lavorare meno, per vivere
meglio. (Public Policy)

SOR