ROMA (Public Policy) – “Ogni volta che sono andato in Egitto ho ribadito, anche nel periodo in cui non c’è stato il nostro ambasciatore, a livello governativo e anche con il presidente al Sisi, la necessità di fare chiarezza e di collaborare con l’Italia su quanto era successo per il bene della verità, per il bene dell’Italia e anche dell’Egitto, perché non si possono lasciare ombre su eventi così gravi. Mi sono fermato a quello perché una persona che rappresenta un’industria non parla in modo così diretto, però il credito era importante perché abbiamo fatto scoperte che non dico abbiano salvato il Paese, però” comunque molto importanti.
Lo ha detto l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, in commissione d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni.
“È importante riuscire a capire le ragioni del perché sia accaduta una cosa così grave tra due Paesi amici”, ha aggiunto.
Descalzi non ha voluto rispondere in maniera precisa a chi domandava cosa pensasse del caso Regeni, spiegando che “è molto difficile esprimere valutazioni personali, perché non ho tutti gli elementi e, in un caso così tragico e complesso, ogni valutazione personale o è male interpretata o può essere distorta o menzognera, perché quando si parla di una cosa che non si conosce fino in fondo si da una valutazione soggettiva. Le valutazioni personali sono inopportune”.
“Sul caso Regeni è corretto andare sui fatti oggettivi, fare un’analisi e filtrare le sensazioni dagli elementi. L’Egitto deve dare una versione giusta e credibile; è giusto insistere per capire cosa sia successo, è un nodo fondamentale, da sciogliere per potere riprendere un rapporto normale di amicizia con un Paese fondamentale nel contesto arabo e Mediterraneo, è un obiettivo non solo formale ma sostanziale”, ha ancora specificato Descalzi.
Parlando ancora dell’Egitto, l’ad di Eni, ha detto che “se non vengono rispettati i diritti umani si mina la stabilità di un Paese, come la minano altri fattori, quali la povertà, la mancata crescita e sviluppo, il mancato accesso all’educazione”, ma “se i diritti umani non vengono rispettati si innescano implosioni nei Paesi”. Comunque, in base all’analisi di Eni che utilizza anche sistemi di valutazione esterni all’azienda, “l’Egitto non è tra i Paesi più rischiosi, c’è una stabilità nei contratti e nei pagamenti che ormai da 4-5 vengono fatti regolarmente”.
In Egitto, ha concluso Descalzi, “il caso Regeni ha creato dei problemi a livello commerciale, anche se come Eni non abbiamo avuto contraccolpi perché tutto il gas che troviamo lo vendiamo allo stesso Egitto“. (Public Policy) FRA