FISCO, BEFERA: REDDITEST STRUMENTO D’AIUTO NON DI REPRESSIONE

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(Public Policy) – Roma, 21 nov – Il ‘redditest’ “è uno
strumento innovativo perché, per la prima volta, il fisco
mette a disposizione un sistema per l’autodiagnosi fiscale.

Non c’è più il rapporto di controllo, ma c’è uno strumento
che ti consente, prima di fare la dichiarazione, di capire
la tua situazione”. Il direttore dell’Agenzia delle Entrate
Attilio Befera, intervenendo a “Nove in punto”, la
trasmissione condotta da Oscar Giannino su Radio24, prova a
fare un po’ di chiarezza sulle finalità e il funzionamento
del “redditest”, lo strumento lanciato sul sito
dell’Agenzia, per l’autodiagnosi dell’evasione in base alle
spese.

“È uno strumento innovativo – spiega Befera – anche dal
punto di vista tecnico e metodologico, e quindi è chiaro che
ci sono i giudizi più disparati”. L’importante, per il
direttore dell’Agenzia delle Entrate, “è che i cittadini
capiscano che non è uno strumento di controllo o repressione
ma d’aiuto. Questo è lo scopo del redditest”.

Il redditest, spiega Befera, precede l’accertamento
sintetico, il redditometro vero e proprio, evoluzione di un
sistema già pensato negli anni ’80. “Quello era un sistema
lmitato, perchè c’erano informazioni certamente inferiori a
quelle attuali. Inoltre c’era un meccanismo automatico, per
cui se possiedi certi beni, automaticamente non puoi
dichiarare ‘meno di’ e non c’era discussione. Qui invece non
si va a controllare i beni ‘espressione di ricchezza’ ma si
controllano tutte le spese, indipendentemente dal tipo. È
una somma di spese confrontanta con un reddito”.

Se c’è coerenza tra le due cose, dice il direttore delle
Entrate (accettata come tale se c’è una differenza non
superiore al 20%, e dunque un margine elevato e non c’è
bisogno di tenere gli scontrini o altro) si procede con
ulteriori accertamenti. “È uno strumento dunque abbastanza
largo, andiamo a cercare l’evasione media ‘di massa’. Per il
grande evasore abbiamo altri strumenti e basi dati”.
La garanzia precisa Befera “è la totale anonimità. Non
vengono inseriti dati personali, e dunque non c’è nessuna
possibilità o interesse a tenere i dati da parte
dell’agenzia”.

Befera prova a smentire la tesi che il redditest non sia
attendibile nel caso delle famiglie più modeste, sotto i 30
mila euro di reddito annuo. Sotto questo reddito infatti ci
sarebbe il rischio di non congruità tra spese e reddito, per
l’elevata incidenza delle spese fisse.

“Il redditest – precisa Befera – ha dei coefficienti che
trasformano le spese che vengono indicate nel software, per
tener conto di quelle non specificate. Questi calcoli sono
fatti in base cluster, creati in base alle tipologie di
famiglie, alle aree territoriali e al reddito, che
mediamente è indicato per quel ‘cluster’. Non c’è dunque
questo rischio, perché chi ha un reddito medio-alto ha un
coefficiente di conversione diverso da quello del reddito
medio-basso e lo stesso vale per chi abita al nord rispetto
a chi abita nelle isole e così via. Quindi non vedo il
rischio di attacco ai redditi bassi e spese fisse”. (Public
Policy)

LEP