Gravità permanente o spezzatino? Alla ricerca del centro perduto

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Un centro di gravità permanente contro il bipolarismo. Le iniziative si moltiplicano febbrilmente in questi primi giorni del 2025. Riformisti, cattolici, lib-dem stanno cercando di capire – non da ora per la verità – se ci sia spazio al centro del dibattito pubblico. Uno di questi è Matteo Renzi, che ha appena festeggiato 50 anni dichiarando guerra a Giorgia Meloni: “Sono preoccupati di noi perché sanno che quel 2-3% tra due anni sarà decisivo: abbiamo due anni  di tempo per riempire di contenuti questo centro che guarda a  sinistra”, ha detto il leader di Italia viva, perché “non abbiamo bisogno di nomi, ma di capire cosa vogliamo fare sui temi”. Insomma, “la fase zen in cui mangiamo fango e sputiamo miele è finita. Siamo tornati in campo perché non accettiamo  l’incantesimo di un’opposizione addormentata e di una  comunicazione che si occupa delle formiche”. La proposta politica da portare avanti, ha detto Renzi, è “quella in cui il centro farà  la differenza, il centro che farà vincere il centrosinistra”.

L’obiettivo sottinteso è dunque sottrarre voti al centro che sta a destra, cioè a Forza Italia, con cui c’è un’aperta competizione (per ora vinta, va detto, dal partito di Antonio Tajani, impegnato anche nel duello con la Lega di Matteo Salvini per stabilire chi fa il numero 2 della coalizione di Palazzo Chigi). Ne è convinto anche Carlo Calenda, ma con Renzi non vuole più avere niente a che fare (peraltro non è stato neanche invitato alla festa di compleanno dell’ex presidente del Consiglio):  serve “un centro dello scenario politico e va costruito”, ha detto il leader di Azione, “un’area che si richiama ai valori repubblicani, che prende elettori delusi da centrosinistra e  centrodestra”. Il problema di Calenda è che nel suo partito i dirigenti politici delusi dal centrodestra sono tornati a casa, lasciando Azione. Da Enrico Costa a Mariastella Gelmini a Mara Carfagna.

Ci sono poi i riformisti e i cattolici di area Pd. Questo fine settimana (18 e19 gennaio) si sfideranno a distanza due gruppi che hanno qualcosa in comune – un richiamo alla tradizione cristiano-cattolica – ma anche notevoli differenza. A Orvieto il 18 e 19 gennaio si terrà l’assemblea nazionale di Libertà Eguale, l’associazione di Stefano Ceccanti ed Enrico Morando nata 25 anni fa, mentre a Milano il 18 gennaio si terrà il battesimo di Comunità Democratica, che richiama una non meglio precisata unità dei cattolici e che forse serve a lanciare la leadership di Ernesto Maria Ruffini, che figura tra i relatori insieme a Romano Prodi e Pierluigi Castagnetti. Le conclusioni sono di Graziano Delrio, che è l’animatore di questa nuova iniziativa.

Libertà Eguale parte da un’autocritica (“Idee per una sinistra di governo”) che sarà interessante vedere come verrà sviluppata a Orvieto, dove interverranno Paolo Gentiloni, intervistato da Giorgio Tonini sulla costruzione di una nuova “sovranità europea”, e Michele Salvati, sull’”unità dei riformisti” e “sulla riorganizzazione del centrosinistra di governo”.

“Se, a distanza di 25 anni, possiamo vedere i passi avanti compiuti e apprezzare il contributo originale che Libertà Eguale ha fornito per compierli, allo stesso tempo dobbiamo vedere i limiti e gli errori dell’esperienza dei riformisti italiani in questo quarto di secolo. Fino alle difficoltà attuali, quando il riformismo progressista – alla dimensione globale, europea e nazionale – sembra incapace di riprendere il filo della funzione di governo che ha saputo svolgere nei decenni trascorsi”, dice Enrico Morando presentando i lavori delle due giornate. “Le forze di centrosinistra hanno di fronte a sé un compito arduo, ma non impossibile: in un mondo che si è fatto più insicuro, recuperare capacità di rappresentanza popolare ed impiegarla in un credibile e positivo disegno di governo, sia la dimensione globale, sia alla dimensione ‘locale’”, dice ancora.

Assai variegati gli ospiti del convegno di lancio di Comunità Democratica voluto da Delrio. Da Lorenzo Guerini, già ministro della Difesa, a Paolo Ciani, leader di Demos e vicecapogruppo del Pd alla Camera, a Emiliano Manfredonia, presidente delle Acli. Variegata soprattutto l’offerta sulla politica estera, visto che la linea di Ciani e Manfredonia è la stessa di Marco Tarquinio, ex direttore di Avvenire oggi europarlamentare del Pd. Notevolmente diversa, invece, l’impostazione di Guerini, anche e non solo, sul sostegno militare e finanziario all’Ucraina.

C’è naturalmente un rischio: che al centro nascano nuove formazioni o quantomeno correnti che spezzettino ancora l’offerta politica dell’opposizione al governo Meloni. La diversità è una ricchezza, ma la domanda è: riusciranno a parlarsi tutti questi mondi o saranno semplicemente in concorrenza fra di loro? (Public Policy)

@davidallegranti