Il 2023 si apre all’insegna del presidenzialismo

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Il 2023 si apre all’insegna del presidenzialismo, vecchio pallino di Giorgia Meloni. Ora che è al governo, con una maggioranza che glielo consente, potrebbe riuscirci. D’altronde lei dice che sarà questa la sua eredità per il Paese. La riforma in senso presidenzialista, ha detto durante la conferenza stampa di fine anno, “è una delle priorità e mi do come obiettivo quello di riformare le istituzioni della Nazione in questa legislatura. Si può solo fare bene all’Italia con una riforma delle istituzioni che consenta di avere stabilità e di avere un Governo frutto delle indicazioni popolari. Già ho parlato di quanto incida l’instabilità. Io sono sempre partita dal semipresidenzialismo alla francese perché è un modello su cui c’era maggiore convergenza. Il concetto è che vorrei una riforma il più possibile condivisa”.

In un’intervista a La Stampa, Elisabetta Casellati, ministra per le Riforme istituzionali, ha spiegato in maniera molto netta che la maggioranza di destra-centro è pronta a fare da sola. L’obiettivo finale è “arrivare a una soluzione quanto più possibile no-partisan”, ha detto Casellati, ed “è chiaro che le riforme costituzionali andrebbero fatte sempre tutti insieme” però “è altrettanto chiaro che se l’opposizione non ci sta, allora le faremo a maggioranza. Stavolta la posta in gioco è troppo alta, non ci possiamo fermare di fronte ai pregiudizi altrui”. Insomma, bene il dialogo ma alla fine si fa da soli, se è necessario.

Le opposizioni sono contrarie, ma nel Terzo polo c’è una vistosa eccezione. Quella di Matteo Renzi, che a fine ottobre, durante la seduta per la fiducia al Governo Meloni al Senato, si era espresso più che favorevolmente alla riforma presidenziale: “Se la maggioranza vorrà sfidarci sull’elezione diretta del presidente del consiglio, quello che noi abbiamo chiamato il sindaco di Italia, noi ci saremo. Il punto fondamentale è che se c’è un’apertura sulle riforme costituzionali un no a prescindere è sbagliato”. Citofonare Carlo Calenda, per l’appunto. “Il discorso di Mattarella è stato lodato dai politici di ogni schieramento. Dalla destra ai 5 stelle. Ed è questa la ragione per cui il presidenzialismo sarebbe un grave errore. La presidenza è l’unica istituzione che riesce a tenere insieme tutti gli italiani perché superpartes”, ha detto il leader di Azione nonché volto mediatico del Terzo polo.

Per Renzi si tratta di una vecchia battaglia, che ciclicamente l’ex presidente del Consiglio cerca di realizzare (a partire da quella lanciata con il patto del Nazareno). L’ultima volta nell’aprile scorso, con un’iniziativa organizzata da Iv insieme ad alcuni studiosi, tra cui Sabino Cassese, Ernesto Galli della Loggia e Luciano Violante, dal titolo: “Democrazia in crisi: il presidenzialismo la salverà?”. “Noi vorremmo che chi governa avesse un mandato forte dei cittadini e di conseguenza un potere chiaro. Ma questa riforma – spiegò l’allora capogruppo di Iv al Senato, Davide Faraone – deve essere accompagnata da altre: bisogna superare il bicameralismo perfetto ma allo stesso tempo occorre che il Parlamento recuperi un ruolo che oggi sembra svilito”. Secondo Faraone “c’è un assioma da superare: quello per cui il presidenzialismo è di destra. Non è così e sbaglia chi associa a questo sistema l’idea di autoritarismo”.

La posizione di Iv è insomma nota da tempo e al centrodestra non può che piacere l’impostazione dialogante data da Renzi. La ministra Casellati ha già detto che a gennaio ci saranno molti colloqui e dialoghi sulla riforma con tutti i partiti. Meloni punta su una bicamerale (citofonare D’Alema) che dovrebbe essere presieduta dall’ex presidente del Senato, ex berlusconiano, oggi senatore di Fratelli d’Italia, Marcello Pera. “Il presidenzialismo è una nostra battaglia storica fin dal 1996, oggi può diventare realtà”, ha spiegato Pera nei mesi scorsi. La sinistra-centro vede nel presidenzialismo dell’attuale maggioranza il rischio della deriva autoritaria, un’obiezione che potrebbe non reggere a lungo nel dibattito pubblico: secondo un sondaggio del dicembre 2021 curato da LaPolis Demos quasi 3 italiani su 4, il 74 per cento, si dicono “favorevoli all’elezione diretta del presidente della Repubblica”. (Public Policy)

@davidallegranti

(foto Daniela Sala / Public Policy)