Il carcere, La Russa e l’abuso del diritto penale

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di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha usato parole sorprendenti, la settimana scorsa, sul sovraffollamento carcerario e sulle condizioni di vita dei detenuti. Prima e dopo aver incontrato Rita Bernardini, presidente di Nessuno tocchi Caino, e Roberto Giachetti, deputato di Italia viva, che ha presentato una proposta sulla liberazione anticipata speciale. La proposta di legge n. 552 – presentata da Giachetti nel novembre 2022 e arrivata in aula alla Camera nel giugno del 2024 – consta di 2 articoli, volti, da un lato, a aumentare da 45 a 60 i giorni di sconto di pena per ogni semestre ai fini della liberazione anticipata dei detenuti, dall’altro, affidando la relativa decisione sulla liberazione anticipata, in via principale, al direttore dell’istituto penitenziario. Inoltre si prevede di introdurre per i prossimi due anni un ulteriore aumento dei giorni di sconto di pena (da 60 a 75).

“Ho parlato con Meloni che mi ha dato contezza che vi è un progetto preciso di questo Governo che però ha dei tempi naturalmente, non è che da un giorno all’altro puoi risolvere un problema”, ha detto La Russa. “Il mio convincimento personale, parlo da presidente del Senato e anche a titolo personale, è che occorra comunque intervenire nell’attesa che il Governo possa svolgere il proprio ruolo, con un provvedimento, lo vogliamo chiamare di emergenza? Io credo che l’idea, che può essere rivisitata, di Giachetti mi convince abbastanza, perché non modifica la Costituzione, è una norma che già esiste. È una norma di liberazione anticipata che è stata già modificata, portata da 30 mi pare a 45 giorni, i giorni che sono scontati per chi ha mostrato non solo buona condotta, ma anche volontà di inserimento nella società”.

Dice Giachetti, in questa fase, “almeno per due anni, aumentiamola a 75 giorni. Quello che mi convince della proposta è che l’aumento è temporaneo. Lui dice lasciamola per sempre a 60, su questo non sono così convinto”. Ma il presidente del Senato è convinto che un provvedimento temporaneo, che “chiarisca bene anche cosa vuol dire buona condotta” possa servire. La sortita di La Russa è piaciuta anche agli avvocati, per i quali le parole del presidente del Senato vanno ritenute, “nella loro singolare novità, meritevoli di positivo accoglimento”, ha detto la giunta delle Camere Penali.

D’altronde siamo dinanzi a una situazione carceraria disastrosa, che ci riporta indietro agli anni della sentenza “Torreggiani c/Italia” della CEDU, con 62.456 detenuti presenti (al 30 aprile 2025), ben 103 morti in carcere e di carcere dall’inizio dell’anno (30 suicidi e 73 decessi per cause diverse o comunque da accertare) e un tasso di sovraffollamento pari al 133,5 per cento. “Numeri, purtroppo, in aumento che rendono inaccettabile l’inerzia e l’indifferenza attuale”, ha detto ancora la giunta delle Camere Penali: “Il Parlamento riapra, finalmente, un dibattito, franco e senza schemi pregiudiziali, sulle drammatiche condizioni detentive nelle carceri, impegnandosi nell’adozione di una serie di misure condivise di riforma dell’intero sistema dell’esecuzione penale, certamente a medio termine, ma anche immediatamente efficaci, per far rientrare il sistema penitenziario italiano nella legalità costituzionale”.

Le parole di La Russa sono effettivamente notevoli se paragonate a quel che il Governo ha fatto fin qui su giustizia e carcere, compreso inventarsi nuovi reati secondo la ben consolidata teoria e pratica del populismo penale. Ultimo, per non dimenticare, il delitto di rivolta contenuto del dl Sicurezza, che Antigone ha chiesto di cancellare. “Con esso il Governo ha deciso di stravolgere il modello penitenziario repubblicano e costituzionale, ricollegandosi al regolamento fascista del 1931. Il delitto di rivolta carceraria, così come formulato nel decreto, sarà un’arma sempre carica di minaccia contro tutta la popolazione detenuta. La violenza commessa da un detenuto verso un agente di Polizia penitenziaria, che già prima era ampiamente perseguibile, ora è parificata alla resistenza passiva”, ha detto il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, nel corso di una audizione. In sintesi, se tre persone detenute che condividono la stessa cella sovraffollata si rifiutano di obbedire all’ordine di un poliziotto, con modalità nonviolente, “scatterà la denuncia per rivolta e una ipotetica condanna ad altri 8 anni di carcere senza potere avere accesso ai benefici penitenziari, in quanto la rivolta viene parificata ai delitti di mafia e terrorismo. È la trasformazione del detenuto in corpo docile che deve obbedire”.

Chissà se il nuovo La Russa – che è avvocato penalista e conosce bene la questione – si farà qualche domanda anche sull’uso e l’abuso del diritto penale da parte del Governo Meloni-Nordio sulla giustizia(Public Policy) 

@davidallegranti