IL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (M5S)
SULLA LETTERA INVIATA A BOLDRINI
(Public Policy) – Roma, 26 mar – (di Sonia Ricci)
L’istruttoria è preparata e sarà presentata domani dai
questori all’Ufficio di presidenza, alle 17. Si deciderà
quindi in merito ai dipendenti dei gruppi, problema
sollevato dal Movimento 5 stelle con una lettera rivolta
alla presidente Laura Boldrini e firmata dal vicepresidente
in quota M5s, Luigi Di Maio.
Un gesto per segnalare l’obbligo per i gruppi parlamentari
di assumere il proprio personale dipendente da due liste di
nomi decise dagli uffici di presidenza delle scorse
legislature. Obbligo che ai 5 stelle non piace: loro vorrebbero
assumere i propri assistenti in base a criteri strettamente
meritocratici e alla valutazione dei cv.
La decisione di scrivere alla presidente Boldrini per
chiedere di cambiare il regolamento è stata presa dagli
eletti del M5s nell’Ufficio di presidenza, oltre a Di Maio,
dai segretari d’Aula, Claudia Mannino e Riccardo Fraccaro.
Una decisione di cui Di Maio ribadisce le ragioni,
spiegandole a Public Policy.
D. PERCHÉ VI OPPONETE AD ASSUMERE PER I VOSTRI ASSISTENTI
PARLAMENTARI DAGLI ELENCHI MESSI A DISPOSIZIONE DALLA
CAMERA?
R. È un meccanismo non trasparente, abbiamo solo un elenco
di nomi. Se pure volessimo capire se ci sono delle
eccellenze tra quelle persone, non abbiamo né i curriculum
né i contatti telefonici. Poi c’è il ricatto: tolgono i
soldi al gruppo anche se non si assumono le persone in
elenco. Non conoscendo la ‘ratio’ di questo meccanismo
abbiamo deciso di scrivere la lettera. Il nostro obiettivo è
fermare questa procedura. È evidente come in questo Paese ci
sia un problema di meritocrazia e trasparenza, ma che
proprio qui in Parlamento accadano queste cose è
inaccettabile.
D. QUAL È STATA LA RISPOSTA DELLA PRESIDENTE?
R. Ho scritto venerdì pomeriggio alla presidente che mi ha
risposto subito in serata. Ho trovato nell’Ufficio di
presidenza un clima propenso a voler cambiare e rinnovare.
Ieri pomeriggio e questa mattina ci sono state due riunioni
del Collegio dei questori in cui si è discusso del
Contribuito unico ai gruppi parlamentari (4,2 milioni per il
movimento, ndr), in cui rientra anche la questione dei due
allegati.
D. DI QUANTE PERSONE STIAMO PARLANDO?
R. 17 per l’allegato A e una trentina per l’allegato B. In
totale, negli elenchi ci sono circa 500 nomi, tra i quali
alcuni ex deputati. Se non accettiamo di sottostare a questo
ricatto rischiamo di perdere il 55% del contributo unico. Se
la norma viene applicata in maniera restrittiva dal collegio
dei questori perdiamo 65mila euro per ogni assistente non
assunto.
D. QUALI SONO LE DIFFERENZE TRA LE DUE LISTE, A E B
ALLEGATE ALLA DELIBERA DEL 21 DICEMBRE 2012?
R. Le persone i cui nomi sono contenuti nell’allegato A
devono essere assunte con stipendi già fissati, 65 mila euro
all’anno lordi, non si può contrattare. Per coloro presenti
nell’allegato B, invece si può contrattare il compenso. In
ogni caso siamo costretti ad assumerli.
Noi alla Camera (al Senato la procedura è diversa, ndr)
siamo propensi a pescare dall’allegato B, in modo da poter
risparmiare, ma comunque vogliamo cercare di far cambiare
questo sistema. Noi la chiamiamo la battaglia della
settimana.
D. VOI SIETE CONTRO IL FINANZIAMENTO PUBBLICO, PERCHÉ NON
RINUNCIATE ANCHE A QUESTI SOLDI?
R. A noi serve personale tecnico-amministrativo per un
ufficio legislativo, che ci aiuti a scrivere le leggi
correttamente, un ufficio amministrativo che gestisca le
infrastrutture del gruppo e i revisori dei conti per tenere
in ordine i bilanci. Questi sono gli unici soldi di cui la
politica deve dotarsi, per il resto noi siamo contrari.
Abbiamo lanciato una campagna per selezionare gli assistenti
parlamentari, abbiamo raccolto 20mila curriculum, ma sembra
che questa cosa non importi a nessuno.
D. SEMBRA PERÒ CHE IN TESORERIA I CURRICULUM CI SIANO,
ALMENO QUELLI DELL’ALLEGATO A.
R. Noi abbiamo ricevuto solamente gli elenchi. Se in questi
giorni stanno modificando le cose noi non lo possiamo
sapere. Vedremo che cosa succederà domani in Ufficio di
presidenza. Rimane il fatto che non c’è trasparenza. (Public
Policy)