ROMA (Public Policy) – Si è chiuso martedì sera alle 23, con il conferimento del mandato ai relatori – Mauro D’Attis (FI), Francesco Saverio Romano (Nm), Ylenja Lucaselli (FdI) e Silvana Comaroli (Lega) – l’iter della Manovra in commissione Bilancio alla Camera.
La terza Finanziaria del Governo Meloni, secondo quanto deciso in capigruppo, è approdata giovedì mattina in aula. Il Governo porrà la questione di fiducia. Il voto finale di Montecitorio arriverà venerdì, e la Manovra passerà a quel punto al Senato, che dovrebbe dare il via libera definitivo il 28 dicembre.
Vediamo alcune delle novità principali approvate in V commissione.
LA NORMA SUI REVISORI MEF
È cambiata in poche in poche ore la norma contenuta nella legge di Bilancio, che introduceva la presenza di rappresentanti Mef nei collegi di revisione o sindacali di enti che ricevono contributi significativi da parte dello Stato, pari ad almeno 100 mila euro.
Nel corso della giornata di ieri, infatti, sono arrivate due riformulazioni con cui – nell’ordine – prima si è previsto che fosse un “rappresentante ministeriale” e non più un rappresentante del Mef ad essere presente in tali enti e poi si è innalzato l’ammontare del contributo pubblico a un milione di euro almeno “in sede di prima applicazione” della norma.
In serata però, è stata sottoposta alla commissione Bilancio una terza riformulazione. Si tratta di quella, poi approvata, con cui di fatto vengono cancellati i primi due commi dell’articolo 112 che introducevano, appunto, un rappresentante del Mef per chi riceve contributi pubblici dallo Stato.
Viene predisposta, tuttavia, una stretta sui controlli. Il testo approvato, infatti, prevede che il controllo sul corretto utilizzo di contributi pubblici “di entità superiore a 100.000 euro annui” ricevuti da società, enti, organismi, e fondazioni sia responsabilità “in base alla normativa vigente” dei revisori dei conti interni delle stesse organizzazioni.
Questi, dovranno quindi “effettuare apposite attività di verifica intese ad accertare che l’utilizzo dei predetti contributi sia avvenuto nel rispetto delle finalità per i quali i medesimi sono stati concessi” e dovranno inviare annualmente al Mef una “relazione contenente le risultanze delle verifiche effettuate”.
LA NORMA ANTI-RENZI
Il divieto di accettare contributi da Paesi extra Ue riguarderà anche i titolari di cariche di Governo, oltre ai parlamentari (con eccezione di quelli eletti all’estero) e ai presidenti di Regione e delle province autonome di Trento e Bolzano.
È la stesura definitiva della norma inserita in Manovra dopo l’approvazione della commissione Bilancio della Camera. Nella precedente riformulazione, si ricorda, erano esclusi i membri di Governo che ora invece tornano ad essere destinatari del divieto.
Per loro, inoltre, non sarà nemmeno possibile superare questo divieto con la “preventiva autorizzazione” degli organi di appartenenza secondo le procedure stabilite dai rispettivi ordinamenti, nel caso di compensi non superiori 100.000 euro all’anno. Tale deroga sarà invece possibile per i presidenti di Regione, e per i parlamentari (esclusi quelli eletti all’estero).
I RIMBORSI PER I MINISTRI NON PARLAMENTARI
I ministri e i sottosegretari non parlamentari e non residenti a Roma avranno diritto solo al rimborso delle spese di trasferta da e per il domicilio o la residenza per l’espletamento delle proprie funzioni.
È quanto prevede la riformulazione, approvata dalla commissione Bilancio della Camera, dell’emendamento alla Manovra presentato dai relatori che, inizialmente, puntava a equiparare il trattamento economico tra i componenti del Governo eletti e non.
La norma è stata riscritta più volte. Prima con la stesura secondo cui i ministri e i sottosegretari non parlamentari e non residenti a Roma avrebbero avuto diritto “al rimborso delle spese di trasferta per l’espletamento delle proprie funzioni”. E poi con la precisazione, contenuta nella versione approvata, secondo cui il diritto al rimborso spetterà solo per le “spese di trasferta da e per il domicilio o la residenza per l’espletamento delle proprie funzioni”.
Resta, a tal fine, il fondo da 500mila euro annui dal 2025 istituito presso la presidenza del Consiglio dei ministri. (Public Policy) GPA-LUC-VAL-RIC-GAV
(foto cc Palazzo Chigi)