ROMA (Public Policy) – In arrivo il decreto del Mise che regola l’uscita anticipata dal lavoro dei dipendenti di piccole e medie imprese in crisi. Il provvedimento attua quanto stabilito dall’ultima legge di Bilancio che ha previsto un fondo con 150 milioni di euro per il 2022 e di 200 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024, destinato a favorire l’uscita anticipata dal lavoro, su base convenzionale, dei lavoratori dipendenti di piccole e medie imprese in crisi, che abbiano raggiunto almeno 62 anni d’età.
Destinatarie delle misure – in base a una bozza presa in visione da Public Policy – sono le pmi che si trovino in uno stato di difficoltà. Questo è individuato in una diminuzione media del fatturato nei dodici mesi antecedenti la richiesta di almeno il 30% rispetto alla media del fatturato del 2019 e che abbiano raggiunto un accordo collettivo aziendale finalizzato all’uscita anticipata dei lavoratori dipendenti di cui all’articolo 2. I lavoratori interessati dovranno fornire “esplicito consenso in forma scritta”.
Potranno beneficiare della misura potranno essere – come detto – i lavoratori di almeno 62 anni. Ma non solo. I dipendenti entro il 31 dicembre 2024 dovranno aver maturato i requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia o alla pensione anticipata. Per questi si prevede la possibilità di erogazione di un’indennità mensile, ove spettante comprensiva dell’indennità NaSpi, nella misura del 90% del trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, come determinato dall’Inps, a cui si aggiunge, in caso di pensione anticipata, anche il versamento dall’Istituto previdenziale in via figurativa anche i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto.
L’indennità ‘scadrà’ al momento del raggiungimento dei requisiti per il pensionamento.
Il provvedimento regola anche il procedimento di richiesta dello ‘scivolo’. La domanda dovrà essere presentata dall’impresa, la quale, dopo aver stipulato l’accordo collettivo aziendale per l’uscita anticipata dei lavoratori, presenta online richiesta all’Inps almeno 90 giorni prima della risoluzione del rapporto di lavoro prevista nell’accordo, potendo autocertificare lo stato di difficoltà relativo alla diminuzione del fatturato. Il datore di lavoro dovrà trasmettere all’Istituto di previdenza anche l’accordo collettivo sottoscritto con le associazioni aziendali competenti nonché l’elenco dei lavoratori interessati al programma di esodo che abbiano accettato la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, unitamente ai dati necessari per il calcolo della contribuzione correlata.
Successivamente, l’Inps dovrà effettuare l’istruttoria esaminando in ordine cronologico le istanze pervenute, potendo chiedere al ministero dello Sviluppo economico la verifica, anche a campione, dei requisiti per l’accesso dichiarati dalle imprese. Se risulta l’assenza dei requisiti autocertificati da parte delle imprese, si dovrà procedere in ogni caso al recupero nei confronti dell’impresa dei benefici già erogati.
E ancora, l’Inps dovrà predisporre una certificazione indicando l’importo dell’indennità spettante a ciascun lavoratore, il quale dovrà accettare la prospettazione così come commisurata. In particolare, l’accettazione del lavoratore si configurerà come condizione di efficacia per la cessazione del rapporto di lavoro. Una volta inviata l’accettazione all’Inps da parte del datore di lavoro unitamente alle coordinate per il pagamento allo stesso, sarà l’Istituto di previdenza ad anticipare le somme, rendicontandole al ministero dello Sviluppo economico che entro 15 giorni dalla richiesta documentata provvede all’erogazione di quanto previsto. Il rimborso potrà poi essere richiesto mensilmente o sulla base del diverso e più ampio arco temporale eventualmente richiesto dall’Inps ove l’arco temporale di un mese risulti essere troppo breve.