Ma alla fine l’Italia ci resta o no in Afghanistan?

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ROMA (Public Policy) – “L’Italia, che è da molti anni presente in Afghanistan, sta in questi giorni ragionando sull’ipotesi di proseguire nel nostro impegno. Questo quadro di situazione verrà meglio definito in ambito Nato a partire dai prossimi incontri e solo allora potranno essere pianificate le misure da adottare e, sulla base di tale valutazione, anche l’Italia potrà meglio individuare i necessari passi”.

Lo ha detto, rispondendo in IV commissione alla Camera a un’interrogazione di Donatella Duranti (Sel), il sottosegretario alla Difesa Gioacchino Alfano.

Pertanto, ha proseguito l’esponente del governo, “nell’alveo del rapporto di fattiva collaborazione e rispetto delle reciproche attribuzioni di governo e Parlamento, il Parlamento sarà mantenuto informato, per poter esercitare le relative prerogative, della evoluzione della missione, così come sempre avvenuto”.

Tutto parte dalla ‘debolezza’ delle forze afghane: “Si era valutato che le Forze di sicurezza afghane – ha detto Alfano – sarebbero state in grado di reagire” alla sfida dei Talebani, “ma le difficoltà incontrate provano che esse hanno ancora dei limiti per una piena ed efficace azione autonoma. Tale situazione crea quindi uno scostamento riguardante la pianificazione corrente della Alleanza e in aggiunta anche la richiesta delle stesse autorità afghane alla coalizione internazionale di continuare l’attuale sforzo”.

Parlando poi di ‘Resolute Support‘, l’operazione militare Nato in Afghanistan iniziata il 1º gennaio 2015 dopo la fine della missione Isaf, Alfano ha precisato di come preveda “attività non di combattimento, ma esclusivamente di ‘addestramento’, ‘consiglio’ e ‘assistenza militare'”. (Public Policy) GAV