di David Allegranti
ROMA (Public Policy) – Insomma, al Senato il gruppo di Azione-Italia viva-Renew Europe come si deve chiamare, ora che gli Holly e Benji della politica italiana, Matteo Renzi e Carlo Calenda, hanno divorziato? La querelle è arrivata alla Giunta per il regolamento di Palazzo Madama ma dopo due ore di discussione, martedì scorso, la riunione è stata aggiornata al prossimo 7 novembre. In ballo non c’è soltanto una questione nominalistica, perché a seconda dell’esito delle determinazioni del presidente del Senato Ignazio La Russa, anche sulla base del parere della Giunta, ci saranno ripercussioni politiche e relative implicazioni economiche (eh già, sempre di quattrini si tratta) per i partiti di Renzi e Calenda.
Ma andiamo con ordine. Il 19 ottobre scorso è stata approvata la nuova deliberazione (Italia viva – Renew Europe – Il Centro, senza alcun riferimento ad Azione) nel corso dell’assemblea del gruppo, alla presenza della sola componente di Italia Viva, composta da sette senatori. La componente di Azione non ha partecipato all’assemblea del 19 ottobre e ha sollevato contro la delibera due questioni di legittimità. La prima, spiegano fonti di Azione a Public Policy, “è relativa all’ammissione nel Gruppo prima del voto della senatrice Musolino, che i calendiani sostengono essere avvenuta senza l’assenso della vicecapogruppo Gelmini, e senza la deliberazione dell’Ufficio di presidenza del gruppo, due passaggi obbligatori in base al regolamento interno”. La seconda “è relativa al quorum della deliberazione, dove i due terzi richiesti sono stati raggiunti, grazie al voto di Musolino, con un arrotondamento per difetto e non per eccesso (7 voti su 11 membri, anziché 8), quindi per Azione in contrasto con le prassi parlamentari e con una consolidata giurisprudenza civile e amministrativa”.
Rispetto a queste contestazioni, Italia viva sostiene che né il presidente del Senato, né la Giunta del Regolamento sono competenti a verificarne la fondatezza, poiché i gruppi parlamentari sono associazioni di diritto privato e quindi sulle loro controversie è competente a decidere il solo giudice ordinario. “Azione sostiene invece che la questione della competenza è già stata risolta dalle Sezioni Unite della Cassazione (SS.UU. civili, n. 6458/2020), che su di un caso relativo a un provvedimento di espulsione ha stabilito che le controversie sul funzionamento dei gruppi parlamentari, in ordine al ruolo da questi svolti nel sistema della democrazia rappresentativa, sono di competenza non del giudice ordinario, ma degli organi della camera d’appartenenza”, riferiscono fonti di Azione, che proseguono: “La competenza del giudice ordinario riguarda invece i rapporti che i gruppi parlamentari intrattengono con soggetti terzi, cioè extra-istituzionali, come ad esempio dipendenti e fornitori di beni e servizi”. Quindi se la delibera contestata fosse convalidata le conseguenze istituzionali e economiche sarebbero molto negative per Azione e molto favorevoli per Italia viva e questo, spiegano da Azione, “potrebbe spiegare la scelta di Renzi di cambiare nome al gruppo esistente, anziché costituire un Gruppo autonomo”.
Infatti, se la componente calendiana decidesse di uscire dal gruppo recante il solo nome di Italia viva e pure se ne venisse espulsa, i suoi senatori in base all’articolo 14, comma 1 del Regolamento del Senato, finirebbero tra i ‘non iscritti’, a meno che non si iscrivano a un altro gruppo già costituito, essendo per loro preclusa la possibilità di costituire una componente del gruppo Misto. Per loro, in ogni caso, scatterebbe la decurtazione del 70 per cento del contributo riconosciuto a ciascuno di essi all’inizio della legislatura, in base a quanto previsto dall’articolo 7 della delibera del 27 luglio 2022 di riforma del Regolamento del Senato, “al fine di disincentivare i trasferimenti ad altro gruppo parlamentare”.
“E gran parte di quel contributo, cioè il 50 per cento in base alla stessa norma, rimarrebbe al gruppo renziano, mentre solo il 30 per cento andrebbe al gruppo di destinazione dei senatori calendiani”, sottolineano fonti di Azione, che rilanciano: “Anche questo spiegherebbe perché Renzi spinge sulla ridenominazione del Gruppo ormai politicamente finito, anziché sulla costituzione di un nuovo gruppo di Italia viva, e perché Azione chiede invece la separazione tra i due partiti, attraverso lo scioglimento del gruppo comune Az-Iv”. Renzi e Calenda: dalla guida dei liberali e dei moderati italiani agli scontri in punto di diritto parlamentare.
@davidallegranti