L’Amministrazione Trump è uno stress test per la democrazia

0

di David Allegranti

ROMA (Public Policy) – L’Amministrazione Trump si sta rivelando uno stress test nonché una cartina di tornasole per la democrazia liberale. Con ricadute anche sull’Europa, Italia compresa. Lo si è visto anche nelle elezioni tedesche di ieri. La CDU avrà pure vinto le elezioni e Friedrich Merz sarà probabilmente il nuovo Cancelliere, ma AfD di Alice Weidel ha raddoppiato i voti, arrivando al 20 per cento, ed è oggi il secondo partito della Germania. Un risultato sul quale ha scommesso la destra statunitense, da Elon Musk a J.D. Vance, entrambi convinti che la posta in gioco fosse la difesa occidentale dalla deriva woke. Non è per questo, forse, che molti tedeschi hanno scelto l’estrema destra, che – come in altre parti del mondo – cerca di dare una risposta alle diseguaglianze, mestiere in teoria appannaggio della sinistra.

Ma le ricadute del trumpismo non si abbattono solo sulle elezione federali tedesche. Nel giorno del terzo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina, viene da chiedersi se la difesa di Kiev sia ancora condivisa da tutti. Gli Stati Uniti stanno esplicitamente pianificando il loro ritiro dal sostegno all’Europa, affidando ai suoi vertici il compito di autodifendersi da possibili attacchi, magari dalla stessa Russia.

L’unilateralismo di Trump interroga, come detto, anche l’Italia. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni – contrariamente a quanto affermato da Palazzo Chigi in precedenza – parteciperà al G7 di oggi, fissato – via videoconferenza – per le 14 e convocato dal presidente di turno, il canadese Justin Trudeau. Sabato, invece, è intervenuta alla convention del CPAC (Conservative Political Action Conference) di Washington, in video collegamento. Meloni si trova nella posizione più delicata da quando è cominciata l’aggressione della Russia contro l’Ucraina: non può permettersi di rompere le nuove relazioni con la nuova Amministrazione e deve trovare un equilibrio, dentro il Governo, fra chi vorrebbe trasformarsi nella quinta colonna del trumpismo in Italia (citofonare Matteo Salvini) e chi ostinatamente pensa che l’Ucraina stia combattendo una battaglia di resistenza per la propria libertà.

Nel suo discorso Meloni ha cercato di sviare l’attenzione dai problemi posti da Trump attaccando la sinistra. Quella “sinistra radicale” che “vuole cancellare la nostra storia, minare la nostra identità, dividerci per nazionalità, genere e ideologia. Ma noi non ci divideremo, perché siamo forti solo se siamo insieme. E se non può esistere Occidente senza America – anzi direi Americhe, pensando ai tanti patrioti che si battono per la libertà in America centrale e in Sud America – allo stesso modo non può esistere Occidente senza Europa. I nostri avversari si augurano che il presidente Trump si allontani da noi. Ma conoscendolo come un leader forte ed efficace, scommetto che coloro che sperano nelle divisioni verranno smentiti”. È un passaggio interessante perché indirettamente Meloni nell’attaccare Trump ricorda che anche gli Stati Uniti sono strettamente legati all’Europa: “Non abbiamo bisogno di sottolineare quanto siano interconnesse le nostre economie e quanto gli imprevedibili risultati di uno scontro commerciale farebbero il gioco di altre grandi potenze”.

Non è poi mancato un passaggio, molto atteso, sull’Ucraina. La presidente del Consiglio non ha citato né Volodymir Zelensky né Vladimir Putin, ma ha ribadito che il sostegno all’Ucraina è necessario: “Nell’arco della storia molte volte europei e americani hanno dimostrato di essere figli delle parole di Pericle: ‘La felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio’. Lo abbiamo fatto quando abbiamo fermato le invasioni, quando abbiamo conquistato la nostra indipendenza, quando abbiamo rovesciato i dittatori. E lo abbiamo fatto, insieme, negli ultimi tre anni in Ucraina, dove un popolo orgoglioso combatte per la sua libertà contro un’aggressione ingiusta. Dobbiamo continuare a farlo anche oggi, lavorando insieme per una pace giusta e duratura”.

Resta da capire se Meloni riuscirà però a tenere a bada gli animal spirits che pure albergano nella sua coalizione. La corrispondenza d’amorosi sensi fra Trump e Putin ha riattivato infatti il vecchio circuito gialloverde fra Giuseppe Conte e Matteo Salvini. Quest’ultimo, infatti, potrebbe cogliere l’occasione del ritorno di Trump alla Casa Bianca per autoradicalizzarsi. Non sarebbe neanche la prima volta. (Public Policy)

@davidallegranti